«Sindaco fascista». E Ciriani querela

Mercoledì 24 Ottobre 2018
IL CASO
PORDENONE Estate 2017. In città il dibattito sui profughi è incandescente e la proposta della Croce rossa di aprire un piccolo dormitorio con mensa popolare infiamma ulteriormente gli animi. Anche su Facebook. Ed è proprio commentando un post che due utenti sono finiti a processo per l'ipotesi di diffamazione. A querelarli è stato il sindaco Alessandro Ciriani, che per una delle due posizioni si è anche costituito parte civile con l'avvocato Olga Fabris. I commenti incriminati risalgono al 18 luglio dello scorso anno. Il progetto della Cri sul dormitorio aveva diviso i commentatori. Michele Micheluz, 46 anni, se la prende direttamente con Ciriani: i toni sono ruvidi e la parolaccia che gli scappa smanettando sulla tastiera offende il sindaco. Ciriani - cresciuto tra le file del Msi-Dn e di Alleanza nazionale - non gradisce nemmeno il commento del musicista Sandro Bergamo, 60 anni, di Prata: «Il sindaco è fascista e non c'è altro da dire». I due utenti di Facebook avranno un percorso processuale molto diverso. Micheluz, difeso dall'avvocato Francesco Fortunato, si è scusato con il sindaco e ha intrapreso un percorso di mediazione con i legali del Comune. È per questo che nei suoi confronti non vi è stata costituzione di parte civile. Il processo si è avviato, ma da parte di Ciriani c'è ancora un margine per ritirare la querela.
Diversa la posizione di Bergamo, che è difeso dall'avvocato Alessandro Sperotto. Ha deciso di chiedere la messa alla prova, istituto che prevede la sospensione del procedimento e l'affidamento all'Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe) per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità, ovvero di prestazioni gratuite a favore della collettività. Bergamo, già impegnato in attività di solidarietà, la prende con filosofia: «Non mi accorgerò che sto espiando la pena».
È nei suoi confronti che il sindaco si è costituito parte civile, per quel «fascista» finito nel dibattito su Facebook. È il secondo caso in pochi mesi. A luglio, infatti, per aver dato del fascista al sindaco è stato rinviato a giudizio Gianluigi Bettoli, il presidente di Legacoopsociali Fvg. Sul punto c'è già Cassazione: usare il termine fascista nei confronti di un politico non è reato, perchè si deve ritenere «espressione di una critica politica, certo assai aspra, ma del tutto legittima», una sintesi «per paragonare il modo di amministrare la cosa pubblica a una prassi ben nota»: quella del Ventennio. È invece offensivo dare del «fascista» a un comune cittadino, perchè secondo la Corte sarebbe come dargli dell'«arrogante e prevaricatore».
C.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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