Ricatti mafiosi, denunciato il pentito

Mercoledì 26 Aprile 2017
PORDENONE - (c.a.) Entrò di prepotenza nell'inchiesta sui ricatti mafiosi a due assicuratori pordenonesi. Lo fece autoaccusandosi dell'incendio appiccato la notte tra il 28 e 29 dicembre 2012 all'abitazione di uno dei due professionisti. Emanuele Merenda, 38 anni, collaboratore di giustizia siciliano, continuò a collaborare con l'Antimafia di Trieste puntando l'indice contro i due assicuratori. Disse che avevano legami con clan calabresi e cercò di far credere che avessero maturato un debito con la 'ndrangheta. Era tutto infondato, un pretesto per ottenere benefici. Nulla di ciò che ha dichiarato ai carabinieri del Nucleo investigativo di Sacile ha trovato riscontri. Anzi, la documentazione allegata agli processuali dai legali che tutelano gli assicuratori - Antonio e Bruno Malattia - ha smentito il pentito e gli ha procurato una denuncia per calunnia.
La Procura di Bologna ha chiesto l'archiviazione ritenendo che si dovesse aspettare l'esito del processo sui ricatti mafiosi che comincerà a Pordenone il prossimo 13 giugno. Ma i legali dei due assicuratori hanno già presentato opposizione, convinti che, a prescindere dall'esito del processo pordenonese, le dichiarazioni di Merenda siano già state ampiamente smentite.
Il 38enne siciliano la scorsa settimana avrebbe dovuto patteggiare 3 anni e 6 mesi per concorso in tentata estorsione e incendio doloso. Ha inseguito fino in fondo - collegato dal carcere in videoconferenza - le attenuanti generiche e della collaborazione. Il pm Giorgio Milillo non ne ha voluto sapere e Merenda è stato rinviato a giudizio. Le vittime - i due assicuratori pordenonesi - si sono già costituiti a giudizio con l'avvocato Antonio Malattia.
Tutto ruota attorno a una truffa subita dall'imprenditore sacilese Raimondo Lucchese, che i due assicuratori misero in contatto con Mario Tironi per cambiare banconote da 500 euro in tagli da 50. Ma in cambio gli furono consegnati fac simile. Era il settembre 2012. Entrano in scena alcuni calabresi che avrebbero dovuto cercare di recuperare il denaro. A quel punto i due assicuratori cominciano a subire minacce e tentativi di estorsioni (300 mila euro). Fino all'incendio di dicembre.
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