Pordenone tradita dal nuovo decreto

Sabato 17 Febbraio 2018
Pordenone tradita dal nuovo decreto
SECONDA SCONFITTA
PORDENONE Pordenone tradita anche dal secondo decreto sulla riorganizzazione delle Camere di commercio. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda avrebbe firmato - il provvedimento deve però ancora essere pubblicato - il nuovo decreto sull'assetto nazionale degli enti camerali: Pordenone dovrà obbligatoriamente aggregarsi a Udine poiché il nuovo provvedimento ministeriale ricalca di fatto quello precedente che prevedeva, per il Friuli Venezia Giulia, le due Camere di Udine-Pordenone e di Trieste-Gorizia.
L'ACCELERAZIONE
Il nuovo decreto del governo - emesso prima della fine della legislatura a due settimane dal voto - oltre a confermare la presenza in regione delle due Camere e a non considerare invece l'istituzione della Camera unica regionale (come l'ente di Pordenone ha sempre chiesto anche nelle vertenze giuridiche oltre che in quelle politiche) imprimerà una sorta di accelerazione nel processo di aggregazione. Da quanto si è potuto apprendere, anche se la conferma arriverà soltanto dalla pubblicazione del documento nei prossimi giorni, i commissari indicati avranno pieni poteri e dovranno cominciare ad avviare l'iter di unione degli enti dai primissimi giorni di marzo. L'iter, in realtà era già partito nell'autunno scorso da parte del commissario individuato dal decreto precedente salvo poi interrompersi in attesa del verdetto sul ricorso avviato da Pordenone davanti al Tar del Lazio, sarà dunque piuttosto rapido e l'unificazione delle Camere di Pordenone e Udine potrebbe essere già in parte compiuta prima dell'insediamento del prossimo governo dopo il voto del 4 marzo. L'ente pordenonese guidato da Giovanni Pavan ha già annunciato però un ulteriore ricorso rispetto al decreto fresco di firma.
NUOVA VERTENZA
Si preannuncia, dunque, una vicenda giudiziaria infinita davanti al Tar del Lazio. Anche se a fronte del nuovo provvedimento governativo stavolta è immaginabile che l'aggregazione parta in attesa di eventuali contro-ordini da parte della magistratura amministrativa. Il ricorso presentato dalla Camera pordenonese aveva visto la bocciatura da parte del Tar del Lazio nel dicembre scorso: nessuna sospensiva era stata concessa dai giudici, anche se in realtà il Tar rinviava al secondo decreto.
LA CONSULTA
Il nuovo provvedimento governativo si era reso necessario da parte del governo dopo che - sempre nel dicembre del 2017 - vi era stata la sentenza della Corte costituzionale rispetto ad alcuni ricorsi avanzati da più Regioni nella quale si sosteneva che il governo, prima di procedere nella riforma degli enti camerali, avrebbe dovuto ottenere il sì - attraverso l'intesa e non soltanto sentendo il parere - da parte delle Regioni. La sentenza della Consulta aveva così riaperto i giochi rimettendo tutto in discussione e dando a Pordenone la speranza di poterla spuntare davanti al Tar. Sulla base del fatto che anche il ricorso presentato dall'avvocato Bruno Malattia riprendeva la parte bocciata dalla Corte. Il Tar si era però espresso contrariamente rinviando al nuovo decreto. Che - nonostante il parere negativo della Regione arrivato nelle settimane scorse - ripropone esattamente la stessa ricetta precedente obbligando Pordenone a fondersi con Udine. Già a dicembre era stato approvato il bilancio triennale che prevede le risorse per mettere in salvaguardia sia gli addetti diretti che quelli dell'azienda speciale Concentro. La scadenza naturale del mandato per Pavan è prevista per il 2019. Mentre a scadere già quest'anno è il presidente dell'ente udinese Giovanni Da Pozzo. Ma c'è già chi giura che il presidente udinese sarebbe pronto a guidare l'ente unificato: il limite dei due mandati infatti sarebbe superato dalla nascita della Camera Pordenone-Udine che azzererebbe il doppio mandato presidenziale.
Davide Lisetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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