Polino: «Ecco dove nascosi 2 milioni»

Venerdì 15 Dicembre 2017
IL CASO
PORDENONE Al processo sulla truffa del fotovoltaico, che in secondo grado gli è costato una condanna a 11 anni e 4 mesi di reclusione, l'ex imprenditore roveredano Marco Polino disse che i 2 milioni di euro, a cui la Guardia di finanza dava la caccia, erano in un conto svizzero intestato al socio e coimputato Massimiliamo Straziuso. Quel giorno Polino parlava da imputato. Ieri, in Tribunale a Pordenone, è arrivato da testimone e ha giurato di dire la verità. «D'ora in poi - ha detto al giudice Giorgio Cozzarini - ho deciso di dire soltanto la verità». Le sue clamorose rivelazioni, fatte nell'ambito del processo sul furto dei 560 mila euro nascosti nel garage di casa, potrebbero incidere sul procedimento che sta per essere discusso in Cassazione, ultima chance per limare condanne che sono state molto pesanti per tutti i protagonisti del raggiro del fotovoltaico.
Ieri Polino è arrivato dal carcere di Poggioreale, dove sta scontando 5 anni di reclusione. Era scortato da agenti in borghese armati di mitragliette. Due gli sono stati accanto durante tutta la testimonianza, un terzo controllava l'ingresso dell'aula numero 107. Polino ha spiegato che è sottoposto al regime del 41 bis, il carcere duro riservato al mafiosi. E poi ha cominciato a rispondere alle domande degli avvocati Alessandro Magaraci, Paolo Pastre e Teresa Fini, oltre che del vpo Patrizia Cau e del giudice. Polino ha parlato ed è stato un fiume in piena. Ha tirato in ballo la famiglia dell'ex moglie sostenendo che la casa della nonna paterna era «il mio caveau», perchè lì i soldi erano al sicuro e nessuno sarebbe andato a prenderli. È lì che avrebbe nascosto i 2 milioni della truffa del fotovoltaico. «Che fine hanno fatto?», gli ha chiesto l'avvocato Magaraci. E lui: «Non posso rispondere, giudice, lei capirà».
Ha raccontato che i 560 mila euro rubati il 3 febbraio 2013 a Roveredo in Piano erano collegati alla Friulnova, la sua società poi fallita. Che fino a qualche giorno prima erano nascosti dalla nonna e che li aveva prelevati perchè doveva usarli per pagare avvocati e cominciare a risarcire i danni. Ha detto di averli contati in salotto con l'ex moglie, di averli messi in una valigetta e nascosti in garage. Sostiene che soltanto lui e l'ex moglie sapevano dov'era il denaro. «È impossibile che siano andati a colpo sicuro nel garage di casa mia. È stato qualcuno che sapeva», ha detto. Grazie alle indicazioni dei vicini di casa, che videro gli autori del furto, risalì a Valentino Buttolo (controllò la targa dell'auto annotata dai vicini), ad Alessio e Paolo Urgolo (da una cicatrice sul naso). Buttolo deve ora rispondere dell'accusa di furto, gli Urgolo di tentata estorsione, perchè pretesero 15mila euro per recuperare i 560 mila rubati. Ieri Polino ha scagionato gli Urgolo: «La loro era soltanto una proposta, ma io non avevo soldi in quel periodo». «Visto che aveva 2 milioni da parte - gli è stato chiesto, perchè non ha accettato la proposta?». Ma alla domanda Polino non ha risposto.
Nella sua ricostruzione ha anche parlato di «un piano per uccidermi» e di una registrazione con le dichiarazioni di uno dei cognati che ieri ha tirato ballo. Sostiene di aver consegnato la registrazione alla Guardia di finanza, forse qualcosa di più in proposito si potrà sapere alla prossima udienza, fissata per l'8 febbraio.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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