Mungari: «Vogliono me, ero io il factotum della scuola»

Sabato 17 Marzo 2018
IL PROCESSO
PORDENONE «È me che vogliono, sono pronto». A parlare è Pasquale Mungari, indicato dall'accusa come il «dirigente occulto» del presunto diplomificio Parini-Alfieri, a processo assieme ad altri 11 tra insegnanti e familiari per l'ipotesi di reato associativo (contestato solo a 7 imputati) e concorso in falso ideologico e truffa aggravata. L'istruttoria dibattimentale si è chiusa con il suo esame. Mungari era incontenibile: «Sono tutte persone perbene - ha detto ai giudici indicando gli altri imputati - Avranno sbagliato con le presenze sui registri, ma possono essere lasciate fuori dal processo». Mungari, difeso dall'avvocato Maurizio Mazzarella, ha difeso la scuola pordenonese dove «sono stati accolti i ragazzi che gli altri scartavano e ai quali è stata data un'opportunità». Ha depositato anche la lettera di una madre che lo ringraziava perchè il figlio era sull'orlo del suicidio e al Parini-Alfieri è stato aiutato. Ha parlato di un accanimento nei confronti della struttura, cominciato nel 2009 da parte dell'istituzione scolastica regionale. Di esami di maturità svolti regolarmente, di normative e di difficoltà sorte nel 2012, quando è rimasto lontano da Pordenone perchè era ai domiciliari a Roma. «La mia assenza è stata una tragedia», ha detto ricordando che era lui il factotum della scuola. «Facevo tutto, anche le pulizie se mancava il bidello».
Spontanee dichiarazioni sono state rilasciate dalla professoressa Claudia Andreazza, difesa dall'avvocato Diego Da Ros. Ha spiegato che era completamente avulsa da tutte le questione amministrative riguardanti la scuola, che dava una mano agli studenti in difficoltà preparandoli per gli esami di maturità senza alcuna corsia preferenziale («La commissione d'esame era la stessa del liceo scientifico Grigoletti»). A lungo è durante l'esame di Giuseppe Sirianni, a cui l'accusa ritaglia il ruolo di coordinatore. Ha negato di aver mai avuto poteri decisionali all'interno della struttura scolastica specializzata nel recupero anni o di aver mai assunto iniziative personali in merito alla gestione della scuola. Ha disconosciuto una mail inviata a Mungari durante l'ispezione del febbraio 2012, a cui non aveva nemmeno assistito. Sirianni, difeso dall'avvocato Rosanna Rovere, ha riferito di aver effettuato le lezioni ai corsi serali con regolarità, anche se in effetti insegnava a «classi fantasma» - come le ha definite il pm Maria Grazia Zaina - in cui erano presenti con regolarità soltanto tre studenti. Ha anche riconosciuto che aveva apposto sul registro dei voti a sua insaputa.
Il processo continua il 13 aprile con la requisitoria del pm e le prime arringhe della difesa.
C.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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