IL PROCESSO
PORDENONE Nei suoi computer e nel telefonino c'è traccia di

Mercoledì 21 Marzo 2018
IL PROCESSO PORDENONE Nei suoi computer e nel telefonino c'è traccia di
IL PROCESSO
PORDENONE Nei suoi computer e nel telefonino c'è traccia di migliaia tra file, immagini e navigazioni riconducibili a contenuti pedo-pornografici. Ci sono conversazioni su Skype dove si parla di molestie sessuali a bambini di 10 anni. E ieri il processo si è aperto con la testimonianza di un 30enne che nel 2000 fu importunato dal medico friulano a processo per atti sessuali su minori, detenzione e condivisione di materiale pedo-pornografico e prostituzione minorile. La difesa sta cercando di dimostrare che sono accuse false, una vendetta da parte di un ragazzo che soffre di allucinazioni deliranti. Ma c'è un colloquio, registrato con un microfono nascosto, che il Tribunale ha voluto sentire in aula. Si sente il medico chiedere scusa al giovane che per anni aveva ospitato in casa e che in quel momento gli ricordava che un «padre non fa certe cose». «Ho sbagliato in queste cose - dice l'imputato - Sono debole... mi farò curare». E ancora: «Ammetto le mie colpe... però... basta non ho scuse... non era mia intenzione farti del male».
L'INTERCETTAZIONE
L'incontro è del 24 giugno 2016. All'epoca la vittima aveva già presentato denuncia. Voleva indietro vestiti e oggetti personali rimasti a casa del medico. L'incontro fu monitorato dai carabinieri del Nucleo operativo di Pordenone. La lunga registrazione verrà trascritta, ma ieri il presidente Alberto Rossi (a latere i giudici Piera Binotto e Iuri De Biasi) ha voluto sentirla. La vittima rinfaccia all'imputato di avergli rovinato la vita, di avergli fatto perdere la famiglia e lo esorta a dire la verità. «Non è vendetta - afferma - è giustizia, tu lo sai». Gli fa capire di averlo denunciato perchè teme che possa molestare altri bambini: «Di' la verità, fallo per te e la tua coscienza. Ti ho sempre rispettato, ti ho voluto bene».
LA TESTIMONIANZA
Quello che di notte succedeva al giovane che ha portato il medico a processo, è successo in un'occasione a un ex bambino che aveva conosciuto il medico in quinta elementare. «Collaborava con la maestra mi ha aiutato nell'esame, i miei genitori si fidavano, siamo rimasti in contatto», ha spiegato ai giudici. Una sera, frequentava la seconda media, si fermò a dormire da lui. Giocarono al computer: «Mi dava baci, mi accarezzava, non vedevo malizia». Durante la notte si svegliò perchè l'uomo lo stava toccando. «Avevo il pigiama, quando ha visto che mi opponevo si è fermato». L'indomani andò a scuola senza fare colazione e dopo mezzora chiese di telefonare al papà. «Mi portò a casa, gli raccontai tutto e lui sporse querela». Il caso fu archiviato perchè non furono trovati altri riscontri oltre al racconto dell'adolescente. L'avvocato difensore Giuseppe Bavaresco ha depositato le relazioni degli esperti della Nostra Famiglia, dove da bambino il testimone era stato seguito. Per l'avvocato di parte civile, Paolo Dell'Agnolo, testimoniano soltanto che era un bambino vivace con qualche difficoltà a relazionarsi.
LE FOTO
Il pm Pietro Montrone si è affidato al perito informatico Alessandro Vazzoler per setacciare computer, hard disk esterno e iPhone del medico. In uno dei due computer sono state trovate 2.240 immagini su minorenni in atteggiamenti erotici, 1.515 file pedo-pornografici eliminati dal sistema, 1.117 navigazioni riconducibili a contenuti pornografici. Centinaia di immagini di questa natura - comprese foto della parte offesa - sono presenti anche su un altro computer. Ci sono poi le chat su Skype, conversazioni con persone sconosciute in cui si parla anche di viaggi a Cuba e Cancun, tutti da chiarire, e delle attenzioni riservate al giovane che ha fatto partire il processo e che non vuole più contatti: «Adesso che ha la ragazza non se ne parla».
LA CHAT
In aula è stata letta una chat del 30 gennaio 2014, ore 00.48, trovata sul telefonino del medico. «Non è stato dimostrato che a chattare fosse l'imputato», osserva Bavaresco. Imputato - o chi per lui - spiega che allenava squadre di calcio e che aveva a disposizione quanti minori voleva. Che con uno aveva fatto sesso tutte le sere e che il più piccolo a cui aveva riservato attenzioni aveva 10 anni. All'interlocutore che chiede informazioni sugli approcci con i bambini risponde: «Beh loro ancora non conoscono il mondo... Dipende dal carattere dei singoli... alcuni sono curiosi ed è più semplice, altri invece glielo fai conoscere... altri invece non sanno cosa sia». «E nessuno ha mai detto niente ai genitori?». «No - risponde chi sta usando il telefono - ma non si deve esagerare». A maggio la prossima udienza per ascoltare la verità dell'imputato.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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