Estorsioni croate, ok del Riesame Interrogatori e prime ammissioni

Martedì 15 Gennaio 2019
L'ANTIMAFIA
TRIESTE Dopo le sette misure cautelari eseguite il 18 dicembre, riprendono vigore le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Trieste sulle estorsioni croate fatte all'ombra del clan dei Casalesi nei confronti di ex collaboratori della Venice Investment Group, la società di Fabio Gaiatto al centro di una colossale truffa nel mercato valutario. Sono infatti cominciati i primi interrogatori degli indagati. E qualcuno ha cominciato a collaborare con i finanzieri della Dia. Nulla trapela, l'inchiesta è in una fase molto delicata, perchè si dovranno approfondire le nuove indicazioni emerse durante gli interrogatori, precisare ruoli e modalità estorsive. Tra gli indagati in misura cautelare finora si è fatto interrogare soltanto Francesco Salvatore Paolo Iozzino, imprenditore di Resana che si è dichiarato estraneo alle accuse e si è ritagliato un ruolo di vittima mettendosi nella lista dei creditori del trader Gaiatto. Entrambi sono detenuti nel carcere di Tolmezzo, ma hanno il divieto di avere contatti. Anche Gaiatto la scorsa settimana ha chiesto di rendere interrogatorio, ma è ancora in attesa di essere convocato dal sostituto procuratore Massimo De Bortoli.
Nel frattempo il passaggio al Tribunale del Riesame - limitato alle posizioni di Gaiatto e Iozzino - ha soltanto limato il capo di imputazione per quanto riguarda le aggravanti. L'ordinanza di custodia cautelare è stata confermata interamente per Iozzino e parzialmente per Gaiatto, per il quale è stata annullata soltanto in riferimento al tentativo di estorsione collocato tra il 25 maggio e 11 giugno 2018 tra Trieste, Portogruaro e Pola.
I giudici del Riesame hanno confermato l'aggravante delle minacce con metodo mafioso. Quello che non hanno riconosciuto sono le aggravanti della transnazionalità delle estorsioni e dell'averle commesse per agevolare un'organizzazione criminale, che in questo caso è indicata nel clan dei Casalesi. Bisognerà attendere il deposito delle motivazioni per comprendere il motivo di questa decisione che, in ogni caso, mantiene intatta la ricostruzione della Procura di Trieste in ordine alle intimidazioni in stile mafioso.
C.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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