«Ciriani cancella i luoghi della memoria»

Domenica 10 Dicembre 2017
LA POLEMICA
PORDENONE L'amministrazione intende ristrutturarle e ricavarne un'area per il co-working, uno spazio giochi e una zona residenziale con quattro appartamenti per il dopo di noi. Ma le casermette (ex caserma) di via Molinari sono, come riconosciuto anche nel 2016 con una delibera della giunta Pedrotti, un luogo della memoria, testimonianza delle torture subite dai partigiani per mano della banda repubblichina fascista di Angelo Leschiutta. Per questo, l'opposizione di centrosinistra scende in campo e chiede di rivedere il progetto. Siamo venuti a conoscenza - spiega Mario Bianchini (Il Fiume) assieme a Marco Salvador e Roberto Freschi di Pordenone 1291, a Nicola Conficoni per il Pd e a Piero Colussi per i Cittadini - del fatto che l'amministrazione comunale intende mettere mano alle casermette. Giudichiamo favorevolmente i tre progetti, ma ci dispiace che sia stato individuato questo luogo. Per di più, l'iniziativa non è stata neanche condivisa con le cinque associazioni che hanno qui la loro sede e che, secondo quanto ha spiegato l'assessore Eligio Grizzo, saranno sistemate temporaneamente in via Mameli.
L'OBIETTIVO
L'obiettivo dell'amministrazione è quello di riqualificare lo stabile in virtù delle risorse provenienti dal Bando per le periferie, ricavandovi appunto uno spazio di co-working al piano terra di 310 metri quadrati affiancato da uno spazio giochi di 315 e, al primo piano, residenze protette per persone disabili e per i volontari che li assistono. La spesa complessiva è di un milione 900mila euro circa, coperta per un milione e 400mila euro con i fondi derivanti dal Bando e per la restante parte con fondi propri del Comune. Costruite nella seconda metà dell'Ottocento, le casermette sono state un deposito di materiale, prima di accogliere la banda repubblichina di Leschiutta. All'interno di trovano ancora le colonne di ferro che, secondo quanto riportato anche nel volume Libertà! di Piero Angelillo e Sigfrido Cescut edito dal Comune di Pordenone, vennero utilizzate per legare e torturare i prigionieri.
LE CONTRADDIZIONI
Notizie, fra l'altro, diverse da quelle che compaiono nella relazione allegata alla delibera, dove si sostiene invece che non ci sono molte notizie storiche riguardo il periodo tra il 1943 e il 1945, di certo si sa che il fabbricato ha sempre avuto destinazione d'uso da parte della Guardia nazionale repubblicana e di varie milizie e che in questo fabbricato è stato a lungo segregato e seviziato Franco Martelli (il quale, in realtà, vi sarebbe transitato solamente per un giorno, prima della fucilazione). La stessa relazione prospetta la demolizione dei solai e delle pareti interne non portanti, la rimozione della pavimentazione del piano terra e lo scavo interno allo stabile fino, e oltre, la quota di imposta delle fondazioni esistenti. Il progetto - sottolinea Conficoni - prevede proprio una trasformazione fisica delle celle individuate come luogo della memoria, con la demolizione di due muri per ricavarne uno spazio per l'accoglienza e un ufficio.
LE RIVENDICAZIONI
L'opposizione rivendica anche l'importanza didattica del sito, nel quale le scuola accompagnano ogni anno i ragazzi (13 gli incontri promossi dall'Aned solo nell'anno compreso fra maggio 2016, quando cioè il sito fu riconosciuto come luogo della memoria e lo stesso mese del 2017) per far conoscere loro la Resistenza pordenonese, anche attraverso le testimonianze e gli oggetti, come un braccialetto di un prigioniero di Dachau: materiale che le associazioni non intendono cedere neanche ad altri luoghi della memoria come la Risiera di San Sabba o il campo di Dachau, proprio perché appartenuto a persone che sono passate dalle casermette. Secondo noi - continua Bianchini - questo è un luogo che deve sì essere risistemato, ma il luogo della memoria così come identificato dalla delibera della Giunta Pedrotti deve rimanere tale. Non capiamo se si tratti di una decisione presa frettolosamente ma, se è una svista, che svista! Quella parte deve essere preservata, così come è stato fatto, per esempio, alla caserma Piave di Palmanova.
Lara Zani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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