«Chiederò al sindaco di aprire un museo»

Martedì 25 Aprile 2017
«Chiederò al sindaco di aprire un museo»
È morto senza riuscire a vedere realizzato il suo grande sogno: far ripartire il centro sismologico Pn1, da lui stesso realizzato, che da quasi 40 anni rilevava le scosse della terra in tutto il mondo. Si è spento domenica mattina, all'ospedale civile di Pordenone, Domenico Targhetta, 80 anni compiuti il 2 marzo, 'padre'' del centro sismologico che lui stesso aveva costruito, passo dopo passo, nella cantina della propria abitazione in via Trento. «Se n'è andato senza quasi accorgersene, colpito da un tumore fulminante che non gli lasciato scampo - ha spiegato la figlia Laura - . E' morto con un unico rammarico: non essere riuscito a 'contagiare'' con il suo interesse verso i terremoti persone in grado di portare avanti la passione più grande della sua vita». Oltre alla figlia, lascia la moglie Maria Letizia. I funerali si celebreranno giovedì nella chiesa arcipretale di San Giorgio. Domani alle 20, invece, verrà recitato il rosario nella chiesa della Sacra famiglia. Targhetta aveva spento le macchine della stazione sismologica a fine 2006: mantenere tutte le apparecchiature accese aveva costi esorbitanti e lui, che di tasca aveva messo già molti soldi, non riusciva più a far fronte a tutte le spese. In quella cantina, che era diventata molto più di un laboratorio scientifico, aveva lasciato acceso soltanto un computer. La sua speranza era ripartire. Magari con qualche collaboratore valido che, spinto dalla sua stessa passione, lo aiutasse a portare avanti il centro Pn1 che era nato conseguentemente alla storia del terremoto in Friuli Venezia Giulia. Dopo il 6 maggio del 1976 quando l'Orcolat seminò morte e distruzione. Targhetta si era salvato perché quel giorno era il compleanno di sua figlia e, proprio per questo, aveva deciso di tornare a casa prima dal centro del Friuli dov'era stato sino a qualche ora prima della violenta scossa. Fu quell'evento a suscitare in lui la curiosità e la passione per gli eventi sismici. Di lì a poco nacque la stazione di rilevamento, con strumentazioni che lui stesso costruì. Un centro in grado di rilevare le scosse in tutto il mondo: solo così Pordenone poteva avere un filo di diretto con terre, anche molto lontane, colpite dai sismi. Ora sarà la figlia Laura a chiedere ufficialmente al sindaco Alessandro Ciriani un aiuto: «Quello che mio padre ha lasciato è un enorme patrimonio fatto, oltre che da numerosi macchinari, da registrazioni e materiale vario. Credo che sarebbe fiero nel veder sorgere almeno un piccolo museo».

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