Ulss 6 nel protocollo anti corruzione

Venerdì 19 Gennaio 2018
SANITÀ
PADOVA Inaccettabile perché macchia qualunque cosa tocchi. È la corruzione, e nei giorni in cui la Sanità padovana viene travolta dallo scandalo delle presunte mazzette per saltare la lista d'attesa, Domenico Scibetta, direttore dell'Ulss 6 Euganea, la più grande del Veneto, mette in guardia i suoi. «Se dovesse capitare nella nostra Ulss, vorrei indagini severissime perché fatti simili andrebbero a intaccare l'immagine di circa settemila persone, dipendenti della più grossa Ulss del Veneto. Questo anche se si trattasse di un singolo caso isolato».
Parole che Scibetta ha trasformato in assioma durante la presentazione degli incontri tra medici dell'Ulss 6 e i centri anziani dell'Auser. Parole che vengono a dare sostegno ai provvedimenti presi a fine dicembre, quando tra i dipendenti dell'Ulss Euganea è entrato in vigore il whistleblowing, per tutelare i lavoratori che segnalano irregolarità e abusi scoperti sul posto di lavoro. In pratica, e a dirlo è la legge, il dipendente che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione della propria sede di lavoro o all'autorità nazionale anticorruzione o perfino in Procura e alla Corte dei Conti, la presenza di bustarelle e mazzette nella propria sede, non potrà essere - per motivi collegati alla segnalazione punito con sanzioni come multe, demansionato, licenziato, trasferito o diventare vittima di altri provvedimenti che possano mettere in pericolo la sua tranquillità lavorativa.
Una direttiva che l'Ulss 6 Euganea ha applicato a tutti i dipendenti, tanto a chi ha contratti indeterminati quanto determinati, ma anche al personale convenzionato, ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese che gravitano attorno all'universo della sanità.
Ma come funziona il whistleblowing? Il lavoratore segnala eventuali condotte illecite o irregolarità di cui è venuto a conoscenza «perché non venga pregiudicato un bene collettivo», recita la legge. Si va quindi dai casi di corruzione a quelli di concussione, passando per il peculato, cioè l'appropriazione di beni pubblici. Ma sono incluse anche le situazioni più classiche, come nepotismo, assunzioni non trasparenti, false dichiarazioni e l'intero insieme degli sprechi, dei demansionamenti, del continuo mancato rispetto dei tempi procedimentali, oltre a irregolarità contabili. Un decalogo volto a smascherare i furbetti, che assomiglia molto all'elenco per non cadere in corruzione ratificato mercoledì dal Senato accademico del Bo, dopo che una delibera dell'Anac aveva riscritto le regole per gli atenei.
Cinque i punti critici sottolineati dal presidente Raffaele Cantone: ricerca e valutazione, organizzazione della didattica, reclutamento di docenti, imparzialità dei docenti e del personale universitario, enti partecipati e attività esternalizzate delle università. Quanto alla ricerca, le linee guida indicate dall'Anac suggeriscono una maggiore circolazione delle informazioni con regole certe, per garantire l'uguale opportunità dell'accesso ai bandi e nelle valutazioni l'obbligo di comunicare le sanzioni previste per le violazioni di trasparenza. Capitolo didattica: chiedere la sostituzione dei valutatori esterni in conflitto d'interessi e scoraggiare le condotte negative dei docenti. Nel loro reclutamento l'Anac consiglia «un sistema più aperto per favorire il reclutamento esterno». Stop all'esternalizzazione ingiustificata e all'utilizzo del personale in pensione.
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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