Soldi e terrore: «A lui non puoi dire no»

Mercoledì 24 Gennaio 2018
Soldi e terrore: «A lui non puoi dire no»
L'ORDINANZA
PADOVA Un sistema basato sulla paura, le intimidazioni e i soldi facili. Il denaro proveniva da fatture false emesse nei confronti di ditte cinesi di abbigliamento da imprese edili riconducibili sia ai due calabresi, vertici dell'organizzazione criminale. Ma anche intestate a stranieri, loro dipendenti o sottoposti. Così l'associazione a delinquere messa in piedi dagli ndranghetisti Antonio Bartucca e Giovanni Spadafora riusciva a riciclare denaro e ad acquistare droga e armi.
A suggerire alla mente della banda questo metodo creativo di fare soldi, è il direttore della filiale di Vigonza della Banca popolare di Vicenza, Federico Zambrini, che durante l'interrogatorio ha confessato di aver agito spinto dalla paura. Così come Roberto Longone, funzionario della stessa filiale, che ha ammesso di fronte agli investigatori che Bartucca era «una persona alla quale non si poteva dire di no». Il giudice che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare, Mariella Fino, nel documento evidenzia che probabilmente è vero che i due sono stati minacciati dai calabresi, ma che questo non giustifica il fatto che abbiano ottenuto vantaggi, anche economici, per aver collaborato.
IL GIRO DI DENARO
Gli agenti della Dia di Padova si sono concentrati sul materiale trovato nello studio del commercialista di Bartucca. Qui sono state scoperte fatture emesse dalla ditta individuale del calabrese, a favore di tre aziende cinesi con sede a Vigonza. Quel che ha insospettito particolarmente gli investigatori è che tre di queste fatture fossero state emesse in epoca successiva alla cessazione di una delle imprese cinesi. Il che dimostrerebbe in maniera evidente, come si legge nell'ordinanza, che i tre documenti avrebbero coperto i costi di una prestazione inesistente. Si tratta solo di una piccola parte del movimento di denaro gestito dalla banda. Tanto per capire il volume d'affari, sono stati documentati nel 2016 150 mila euro di prelievi, a fronte di un reddito dichiarato da Bartucca di 17 mila euro. Denaro che veniva riciclato attraverso le movimentazioni tramite le carte prepagate di alcuni dipendenti, per la maggior parte stranieri, dell'azienda edile del calabrese.
I BANCARI
Roberto Longone, il funzionario della sede vigontina della BpVi, ha dichiarato durante l'interrogatorio di essersi sentito intimorito da Bartucca, che gli aveva fatto ben comprendere di far parte di una consorteria criminale la cui finalità era quella di utilizzare il circuito bancario per far girare fatture false. Il calabrese gli aveva presentato Vincenzo Giglio, figlio del capo cosca di Strongoli, Salvatore, arrestato per associazione mafiosa durante l'operazione Stigedi inizio gennaio. Bartucca aveva sottolineato che «quando c'è lui non si discute, se viene lui al mio posto è come se venissi io».
E proprio dalle parole del funzionario gli investigatori hanno avuto la conferma che il direttore della filiale traeva un guadagno economico dalla sua collaborazione. Longone aveva spiegato agli inquirenti che Bartucca gli aveva detto, con l'intento di fargli capire che doveva stare al proprio posto: «Ricordati che Zambrini prende sempre la sua parte».
AL BAR CON IL GRANDE BOSS
Per discutere della compravendita di droga o dei progetti futuri, i componenti della banda si davano appuntamento in un bar di Vigonza, cui ha partecipato anche Giuseppe Avignone, 79 anni di Taurianova in provincia di Reggio Calabria, ndranghetista pluriergastolano che beneficiava della semilibertà a Padova. E proprio nei momenti liberi ne approfittava per incontrare i malviventi calabresi. Gli investigatori hanno appurato che negli ultimi due anni Avignone aveva violato più volte le prescrizioni della semilibertà, intrattenendosi spesso con i due nel un bar di Vigonza, intrecciando anche numerosi contatti telefonici, ben 279 chiamate, con l'ex compagna di Spadafora.
Marina Lucchin
© RIPRODUZIONE RISERVATA