SANT'URBANO
«Vogliamo giustizia per Mauro. Non solo faremo appello alla

Martedì 19 Marzo 2019
SANT'URBANO
«Vogliamo giustizia per Mauro. Non solo faremo appello alla sentenza di primo grado, ma siamo pronti a intraprendere tutte le azioni legali possibili per accertare le responsabilità: qualcuno dovrà pur pagare per una morte di cui continuiamo a ritenere colpevoli i carabinieri. Mauro sarebbe ancora vivo se solo i militari avessero agito diversamente, senza voler a tutti i costi sottoporlo a un Tso non autorizzato, che il giudice stesso ha dichiarato illegittimo nelle motivazioni della sentenza depositate nei giorni scorsi». A parlare è Elena Guerra, la sorella del 32enne di Carmignano di Sant'Urbano ucciso il 29 luglio del 2015 in un campo di grano a poche centinaia di metri da casa sua mentre cercava di scappare da un Trattamento sanitario non autorizzato. Il proiettile che gli ha trapassato il fianco è stato sparato dal maresciallo dei carabinieri Marco Pegoraro, all'epoca comandante della stazione locale e finito sotto processo con l'accusa di eccesso colposo di legittima difesa. Il militare aveva premuto il grilletto per difendere il collega Stefano Sarto, il vicebrigadiere che dopo un pomeriggio di estenuanti trattative per convincere Guerra a farsi ricoverare in ospedale, lo aveva rincorso nel campo e aveva cercato di ammanettarlo.
REAZIONE
Tentativo a cui Guerra, fisicamente molto prestante con i suoi 100 chili di muscoli, aveva reagito con la forza prima atterrando il carabiniere e poi sferrandogli alcuni pugni al volto e sulla parte superiore del corpo. Quando Pegoraro si era trovato di fronte a questa scena, temendo per l'incolumità del collega, aveva messo mano alla fondina sparando tre colpi in aria, in segno di avvertimento. La quarta volta aveva mirato al braccio sinistro di Mauro, colpendolo però al fianco. Il 15 dicembre dell'anno scorso per il maresciallo era arrivata l'assoluzione del giudice Raffaele Belvederi del Tribunale di Rovigo perché il fatto non costituisce reato. Secondo il giudice, date le circostanze, la reazione del maresciallo è stata necessaria, inevitabile e proporzionale. Ma le motivazioni della sentenza, depositate nei giorni scorsi, hanno lasciato l'amaro in bocca alla famiglia della vittima. «La decisione del giudice ci ha stupiti perché se da un lato ha riconosciuto che il Tso disposto da Pegoraro era illegittimo, dall'altro assolvendolo, ne ha giustificato la conseguenza, ovvero il colpo mortale. afferma la sorella Elena a nome dell'intera famiglia L'illegittimità del Tso perlomeno ha messo un punto fermo da cui ci auguriamo ci siano gli estremi per un eventuale altro processo volto ad accertare le responsabilità. Le indagini secondo noi sono state condotte in modo molto lacunoso. Perché nessun medico ha soccorso tempestivamente Mauro, lasciandolo morire ammanettato, seminudo e disarmato in un campo? Perché non è stato trasportato subito all'ospedale?». Sono domande su cui i familiari continuano ad arrovellarsi, sperando di trovare una risposta nella giustizia.
Maria Elena Pattaro
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