Picchiato e gettato nel fiume: caccia a due assassini in fuga

Mercoledì 22 Febbraio 2017
Picchiato e gettato nel fiume: caccia a due assassini in fuga
Avrebbero un nome ed un cognome gli assassini di Matteo Venturini. I carabinieri del Nucleo investigativo li avrebbero identificati. Sarebbero due stranieri gli individui con cui il 38enne pregiudicato di origini nomadi, domiciliato nel campo di Santa Maria di Sala, aveva appuntamento giovedì sera. Si tratterebbe di soggetti di un certo spessore criminale, originari dell'Est Europa. E pure sul movente non vi sarebbero più dubbi: la discussione trascesa poi nel brutale pestaggio con una spranga o una mazza in ferro sarebbe stata provocata da uno sgarro collegato al traffico di droga. Venturini doveva probabilmente saldare qualche debito con i suoi fornitori ma avrebbe cercato di fare il furbo. E ha finito per pagare con la vita. Gli investigatori dell'Arma sono sulle loro tracce. E gli arresti potrebbero essere imminenti.
I due pregiudicati hanno finito a sprangate Venturini tirandogli numerosi fendenti alla testa e al volto, spappolandogli la mandibola e provocando un taglio all'orecchio sinistro. L'autopsia effettuata dal medico legale Barbara Bonvicini ha rivelato un'emorragia cerebrale nella parte sinistra del cranio, proprio sopra all'orecchio.
Sarebbero personaggi del suo stesso mondo, dediti ai stessi traffici illeciti con cui Venturini, alle spalle precedenti per spaccio di droga, truffa, insolvenza fraudolenta e reati contro il patrimonio, si manteneva in mancanza di un'occupazione stabile. Il 38enne li conosceva bene e sarebbe salito in auto con loro, appena uscito dall'accampamento di via Salgari dove risiedeva con la compagna. Ai carabinieri era subito apparsa inverosimile la circostanza che il nomade potesse essersi allontanato a piedi. Secondo la convivente avrebbe dovuto passare la serata in compagnia di amici. Ma la donna di Venturini non avrebbe rivelato la loro identità.
I militari del Nucleo investigativo, coordinati dal sostituto procuratore Roberto D'Angelo, hanno ricostruito le ultime ore di vita di Venturini, anche attraverso i tabulati telefonici del suo cellulare, rimasto nella roulotte. Risalendo ai suoi contatti nelle ore immediatamente precedenti al delitto avrebbero imboccato la pista giusta, superando il classico muro di omertà che caratterizza tutte le comunità nomadi. Li avrebbe aiutati anche quel nome «Walter, Walter» gridato dalla vittima mentre si dibatteva agonizzante nelle acque del Tergola.
Quando sono arrivati sull'argine i primi soccorritori, allertati dai due ragazzi in transito sull'argine, tra via Murano e via Madonna Pellegrina, il nomade era già in condizioni disperate. E il decesso è avvenuto in ospedale a Padova due ore e mezza più tardi.

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