Permessi di soggiorno facili ai cinesi, processo in vista per il poliziotto Dalla Costa

Giovedì 20 Luglio 2017
Permessi di soggiorno facili ai cinesi, processo in vista per il poliziotto Dalla Costa
Si avvicina rapidamente il processo per il sovrintendente capo della Polizia di Stato Renzo Dalla Costa (nella foto), arrestato nel febbraio scorso (e da un paio di mesi agli arresti domiciliari) con le accuse di corruzione, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e abuso d'ufficio. Il pubblico ministero Sergio Dini ha chiesto il giudizio immediato. È uno speciale rito che consente alla pubblica accusa di bypassare l'udienza preliminare e ottenere il giudizio in tempi rapidi. Dalla Costa, assistito dall'avvocato Giovanni Chiello, potrebbe comunque optare per un rito alternativo, il patteggiamento o un abbreviato. Di fronte al pubblico ministero Dini avrebbe fatto parziali ammissioni sulle mazzette intascate per favorire il rilascio dei permessi di soggiorno ai cittadini cinesi. La volpe - così veniva chiamato in questura Dalla Costa - sarebbe stato a capo dell'organizzazione che offriva corsie preferenziali agli asiatici in attesa di regolarizzazione, in cambio di mazzette. Secondo l'accusa il sovrintendente - attualmente sospeso dal servizio - si sarebbe messo in tasca tangenti per 200 mila euro riuscendo ad eludere i controlli del responsabile dell'Ufficio immigrazione. Il denaro sarebbe stato poi reimpiegato in investimenti di varia natura, anche in campo edilizio, e in un negozio di pavimenti. Con Dalla Costa finirà a giudizio il broker assicurativo Xinmiao Chen, l'intermediario tra la comunità cinese e i poliziotti corrotti, già coinvolto nel primo troncone d'indagine, assieme all'ex collaboratore tecnico della questura Pierangelo Capuzzo, arrestato nel settembre dell'anno scorso. I due sono comparsi tre giorni fa davanti al giudice dell'udienza preliminare Margherita Brunello ma gli attesi patteggiamenti non sono ancora stati perfezionati. Capuzzo, difeso dall'avvocato Roberto Orfeo, non è ancora in grado di risarcire lo Stato per ragioni burocratiche. In base alla nuova legge sui reati contro la pubblica amministrazione, per poter accedere al patteggiamento è necessario restituire allo Stato l'esatto ammontare delle tangenti contestate nei capi d'imputazione. Nel caso di Capuzzo le mazzette sarebbero state quantificate in alcune decine di migliaia di euro. Si tornerà in aula il 26 settembre.

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