Libertà revocata Riina junior non fa ricorso

Giovedì 7 Dicembre 2017
LA DECISIONE
PADOVA C'è tempo ancora un giorno, fino a domani, ma le prossime quarantott'ore non porteranno a sorprese. La decisione ormai è presa: Giuseppe Salvatore Riina Salvuccio, terzogenito e figlio prediletto di Totò, quello che fu il capo dei capi di Cosa Nostra, morto il 17 novembre scorso, ha rinunciato a fare reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Padova contro il provvedimento che una settimana gli aveva cancellato la libertà vigilata, per aver fatto uso di cocaina, e lo aveva confinato per un anno in una casa-lavoro a Vasto, in Abruzzo. Dove quindi Riina jr. resterà fino al termine della detenzione decisa dal giudice Linda Arata, ovvero il 28 novembre 2018.
«Abbiamo deciso che sarebbe stato meglio così per il momento ha spiegato il suo avvocato Francesca Casarotto - C'erano dieci giorni di tempo per fare reclamo e cercare una via alternativa alla detenzione nella casa di lavoro di Vasto, ma abbiamo deciso che rispettare il provvedimento sarebbe stata la scelta migliore in questo frangente». Possibile però che verso primavera il legale presenti una richiesta di revoca della misura, questa volta al tribunale di Sorveglianza di Pescara.
La decisione di non impugnare il provvedimento che lo ha portato a Vasto, chiude per sempre il capitolo padovano di Riina, aperto nell'aprile 2012 («vedo difficile un suo ritorno, anche futuro, a Padova o in Veneto» ha commentato l'avvocato Casarotto). Salvuccio, sangue puro di Corleone a detta della mamma Ninetta Bagarella, è infatti indagato dalla procura antimafia di Venezia con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio e al traffico di monete false, nello stesso fascicolo che tra il settembre 2016 e il maggio 2017 lo aveva visto entrare nell'indagine della Squadra mobile e dello Sco lagunare come semplice acquirente di droga.
Da lì aveva preso pian piano forma quella relazione presentata al Tribunale di Sorveglianza il 26 ottobre, quando era stato chiesto un giro di vite alla libertà vigilata per il figlio dell'uomo accusato delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, costate la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Messo alle strette Salvuccio aveva confessato di aver assunto cocaina «per gestire al meglio lo stress» e di non averlo mai detto «per non far soffrire la madre e il padre». Nel revocare la liberà vigilata il giudice infatti spiegava come a Padova, dove il figlio di Totò U' Curtu aveva cercato di ricostruirsi un'immagine dopo la condanna a 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa, il rampollo di una delle più importanti famiglie mafiose italiane recitasse in realtà una doppia vita: sorvegliato modello di giorno e delinquente di notte.
Un comportamento che gli è costato la revoca della libertà vigilata dopo le «sistematiche violazioni delle prescrizioni» certificate dalle 279 telefonate con spacciatori e la trentina di acquisti di droga negli ultimi mesi, tra il maggio 2016 e il settembre 2017, e spesso di notte, quando doveva rimanere rinchiuso in casa dalle 22 alle 7. Le indagini avevano poi dimostrato come Salvuccio Riina non fosse solo acquirente, ma il suo fosse un ruolo rilevante nell'intera organizzazione.
Nicola Munaro
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