LA PROPOSTA
PADOVA Nel baillame di una campagna elettorale gridata, dove i retaggi

Venerdì 23 Febbraio 2018
LA PROPOSTA
PADOVA Nel baillame di una campagna elettorale gridata, dove i retaggi di tempi andati e la sicurezza privata la fanno da padrone, entra a gamba tesa il presidente di Confindustria Padova Massimo Finco. Stanco di una «fiera di promesse perfino offensiva», Finco lancia un appello concreto al mondo della politica chiamandola a confrontarsi con il tema dell'impresa, sempre meno al centro dei discorsi di una campagna che si appresta ad imboccare il rettilineo finale.
A chi andrà al Governo dopo il voto del 4 marzo, il numero uno di Confindustria Padova, chiede di firmare una sorta di patto per le imprese che ruoti attorno alla produttività e ad una diminuzione delle tasse, che poi si traducono in maggiori investimenti e stipendi più corposi. «Ridurre il debito e la spesa pubblica, dove si annidano ancora sprechi, inefficienze e l'invadenza della politica attacca Finco - Insomma, meno spesa improduttiva da tradurre, a parità di saldi, in contestuali tagli alle imposte. È questo il patto che chiedono le imprese». In pratica, quello che arriva dall'associazione degli industriali padovani è la richiesta a chi governerà l'Italia tra poco meno di due settimane, di dare più spazio a investimenti pubblici e privati, infrastrutture, capitale umano e ricerca.
«Va abbassata la spesa corrente dell'1% all'anno su un monte aggredibile di 360 miliardi, superando tabù come costi standard nei servizi pubblici e accorpamento dei Comuni, efficienza e merito nella pubblica amministrazione. Dal nuovo Governo ecco l'appello - ci aspettiamo che dica che queste riforme vanno fatte». Non solo. Nella sua linea programmatica Finco inserisce la proposta di non abbandonare per strada i passi iniziati con la rivoluzione di Impresa 4.0 ma rafforzarla sotto il profilo della formazione e del lavoro, puntando soprattutto sui giovani. Ma anche rivedere il fisco in un'ottica di sviluppo, che sia un premio per l'impresa che investe ed assume. Investimenti che, per dirla come Confindustria Padova, devono essere almeno pari alla riduzione di debito e spesa pubblica, condizione iniziale e necessaria per aprire i rubinetti e liberare risorse produttive riducendo le tasse, con priorità assoluta al taglio del cuneo fiscale (che in Italia, al momento, è 10 punti sopra la media europea) per alleggerire il costo del lavoro e rendere più pesanti le buste paga.
Un'agenda con cui Finco detta i tempi e chiama ad una presa di responsabilità il prossimo Governo e Parlamento. Richieste che arrivano sulla scorta di numeri tornati, nel 2017, ad essere positivi. «L'industria cresce il doppio del Pil (+3%), ha ripreso ad assumere e investire e sta tirando l'Italia fuori dalla grande crisi continua Finco -. A gennaio solo in Veneto ci sono state 18.700 assunzioni a tempo indeterminato eppure i temi dell'industria contano poco o nulla nei programmi elettorali dei partiti. È un paradosso drammatico per il secondo paese industriale d'Europa: lo sviluppo e i posti di lavoro non li portano le promesse né la spesa pubblica, possono venire solo dalle imprese». Paradosso che Confindustria ha denunciato senza usare mezzi termini perché «non esiste sviluppo, reddito e benessere senza impresa».
Anche perché, se confrontati con l'Europa, il gap continua a rimanere marcato. «Siamo tornati a crescere, ma l'Europa corre ancora il doppio. Non dobbiamo accontentarci, ma guardare chi sta davanti di noi. E per farlo puntare sull'industria, ridurre i pesi che ci frenano come il total tax rate (62% in Italia, contro il 48,9% della Germania) puntualizza il presidente di Confindustria -. Non ci sono scorciatoie o ricette per allargare la torta, diverse da quella di investire sulla produttività e la competitività delle imprese e del Paese». Come intervenire quindi? Finco e la sua Confindustria hanno le idee chiare. «Una delle priorità per le nostre imprese rimane il fisco - scandisce -. Gli oltre 30 miliardi che sono la somma di gettito Irap e Imu-Tasi gravanti sulle imprese, in aggiunta agli altri 30 miliardi di gettito Ires, devono diminuire. Se non si tiene la barra su questo obiettivo, non si ricostituiscono i margini d'impresa, si strozza la ripresa degli investimenti, si mortifica la capacità dell'impresa sia di impegnare risorse nel welfare aziendale, sia di riconoscere ai propri lavoratori un miglior reddito attraverso la produttività e l'abbattimento del cuneo fiscale».
Nicola Munaro
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