Ingegneria rivela chi è l'Arturo

Lunedì 19 Giugno 2017
Ingegneria rivela chi è l'Arturo
Due ore e mezzo di chiacchiere a Ingegneria per scoprire che Arturo, al secolo professor Lorenzoni, «è forse un po' avventato» in quanto solito lanciarsi in avventure sportive da cui talvolta esce malconcio. Tutto qui.
Peggio che andare in Vaticano nella speranza di raccogliere pettegolezzi sul Papa. Per il resto infatti è una colata di miele e ambrosia, su un docente definito sempre presente, modesto e disponibile. E, bastasse altro, pure sportivo: pratica sci, bicicletta e in passato il rugby, spiritoso e sempre pronto alla battuta, allo scherzo. Decisamente troppo.
Dipartimento di Ingegneria industriale al Portello, tarda mattinata. In portineria c'è la Wilma, una bella signora sorridente cui basta nominare il professore per andare in sollucchero. «Una persona squisita, arriva sempre di buon mattino in sella alla sua vecchia bicicletta nera e si ferma solo quando ha esaurito l'ultimo impegno, l'ultimo appuntamento. I colleghi lo stimano molto, i ragazzi lo adorano per la sua disponibilità. Ma non sono qualificata per parlare di lui, aspetti che lo chiamo».
Pochi istanti e il docente si materializza all'ingresso: «Cercate qualcuno che racconti malignità su di me? - sorride all'idea - Bene, venite vi accompagno a fare un giro». Prima tappa dal professor Roberto Turri, gran barbone pepe e sale con un paio di occhiali sopra. «Accidenti Arturo... Avendo qualche annetto più di lui, lo ricordo quando arrivò per il dottorato, 25 anni fa. Ed è rimasto tale e quale: entusiasta, preparato, un po' idealista, anche se al momento giusto sa essere pragmatico. Difficile poi scenda a compromessi». Piccola obiezione: per un politico può essere un limite. «Beh, comunque mai compromessi con la propria coscienza». Poi parte inevitabile lo spottone pubblicitario: «Speriamo entri in giunta. E porti la sua pulizia e disponibilità».
Non va bene, bisogna cercare altrove. Impossibile però cavare qualcosa di peggio in segreteria, piccolo regno di Marina Gubellini, alta, elegante, non diresti mai che anche lei era presente all'arrivo in dipartimento del giovin Lorenzoni: «Era un bravo ragazzo quando è arrivato, allievo del grande Giuseppe Zingales, e lo è rimasto, tale e quale dopo tutti questi anni».
Interviene il bibliotecario: «Peccato tifi per il Petrarca». Già perché Claudio Visentin, rodigino doc, è uno scatenato ultra della Delta. «Dopo ogni derby passiamo le giornate a prenderci in giro e punzecchiarci». Capirai Lorenzoni, tra l'infinità di sport praticati, s'è cimentato pure con la palla ovale.
Poi inevitabilmente anche Visentin intesse le lodi del docente, sottolineando più volte la sua disponibilità con gli studenti. Insomma il dipartimento fa quadrato attorno al suo eterno ragazzo e solo alla fine presenta, si fa per dire, qualcosa di interessante, grazie al professor Turri, incrociato sulle scale al momento del commiato: «A voler proprio cercare il pelo nell'uovo, talvolta è un po' avventato, si fa trascinare dall'entusiasmo, dal gusto della sfida. Ricordo che un giorno arrivò in precario equilibrio sulle stampelle: aveva voluto affrontare una pista di sci particolarmente impegnativa. Risultato: per due mesi è venuto all'Università accompagnato dalla moglie, perché non poteva guidare l'auto o la bicicletta. O quella volta che ha seguito amici atleticamente più preparati di lui, in un massacrante giro della Sardegna, per di più su una vecchia bici, tutt'altro che adatta alla bisogna. In che condizioni è rientrato! Ecco, se proprio devo trovargli qualcosa che assomigli a un difetto, direi che talvolta è un po' avventato».
Perché, candidarsi sindaco alla testa della solita composita e rissosa alleanza della sinistra radicale, non sembra forse ancor più avventato?

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