IL CASO
PADOVA «Ti prego, prendimi un cuscino che mi sento morire».

Martedì 20 Marzo 2018
IL CASO
PADOVA «Ti prego, prendimi un cuscino che mi sento morire». Quando il marito, disabile, appoggiato al suo carrellino, è riuscito a portarle il guanciale per farla stare più sollevata, la moglie, Rossella Gambato, 65 anni, ha esalato il suo ultimo respiro tra le sue braccia. Primo Mantovan, 80 anni, non ha potuto fare niente per lei, malata da molti anni, è spirata dopo averlo guardato negli occhi un'ultima volta. L'anziano, incapace di muoversi anche solo per andare a prendere il telefonino, per via dell'età e dei suoi problemi di salute, si è seduto al capezzale della compagna di una vita. L'ha vegliata tutta la notte in attesa che arrivasse l'infermiera che si occupa di loro. Quando la donna è arrivata, intorno alle 8.30 di domenica mattina, ha chiamato la polizia e i soccorsi, ma i sanitari del Suem non hanno potuto fare altro che constatare che il decesso era avvenuto molte ore prima.
L'ULTIMA NOTTE
La coppia abitava in un appartamento in zona Facciolati. Primo apre la porta appoggiato al suo carrellino, si accomoda sul divano e racconta con le lacrime agli occhi l'ultima notte al fianco della moglie. Sul tavolo ci sono ancora gli orecchini e la collana di Rossella, un numero di telefono per le emergenze, le medicine, un centrotavola con dei fiori sopra a un centrino di pizzo. «Rossella era malata da tanti anni - spiega l'anziano con gli occhi velati di lacrime - l'altra sera (sabato, ndr) appoggiandosi al suo carrellino è riuscita ad arrivare qui in salotto per chiedermi di abbassare un po' il volume della televisione. Poi si è presa una banana e ne ha mangiata metà. Mi ha chiesto se volessi l'altra parte, ma avevo cenato ed ero a posto così. Quindi se n'è andata a letto». Pochi minuti dopo, però, Primo ha sentito un respiro affannoso provenire dalla camera della moglie, una stanzetta più piccola di quella che condivideva col marito, dove era stato alloggiato il letto medico. A fatica l'anziano è andato da lei. L'ha trovata agonizzante: «Mi ha detto prendimi un cuscino che mi sento morire. L'ho implorata di aspettare, che domani saremmo andati all'ospedale. Intanto pian pianino sono venuto di qua e le ho preso un guanciale. Poi sono tornato da lei. L'ho sollevata con una forza che non credevo nemmeno di avere per metterle il cuscino sotto la testa. Lei mi ha guardato, poi ho capito che se n'era andata».
LA COMPAGNA DI UNA VITA
Secondo l'anziano era inutile chiamare i soccorsi: «Rossella era morta. Non volevo disturbare nessuno. Era notte e le persone la mattina vanno a lavorare. In più non riuscivo a muovermi. Così ho aspettato che venisse l'alba vicino a lei. Quando è arrivata l'infermiera le ho detto che mia moglie era morta e lei si è occupata del resto». È ancora sotto choc: «Avevamo 14 anni di differenza. Quando ci siamo sposati non avrei mai pensato che se ne sarebbe andata prima di me». In quell'ultima notte al suo fianco, Primo ha ripensato a tutta la loro vita insieme: «Rossella era di Padova, io invece di Candiana. Ero molto più vecchio di lei. Non abbiamo avuto figli proprio per questo. Ne avremmo voluti, ci abbiamo pensato, ma consultandoci col parroco abbiamo deciso che non era il caso per via della mia età più da nonno che da papà. Eravamo io e lei, c'eravamo l'uno per l'altra. Poi vent'anni fa si è ammalata. L'hanno operata ma non è mai guarita. Ogni giorno veniva un medico a vedere come stava da quando è peggiorata. Io da più di un anno ho difficoltà a muovermi. Per questo ieri notte, mi sono seduto accanto a lei, un ultima volta».
Marina Lucchin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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