IL CASO
MONSELICE (m.e.p) Voleva iscriversi in palestra ma per lui, che viene

Lunedì 20 Agosto 2018
IL CASO
MONSELICE (m.e.p) Voleva iscriversi in palestra ma per lui, che viene dal Senegal e ha la pelle nera, non c'era posto. Per un coetaneo italiano che un quarto d'ora dopo aveva avanzato la stessa richiesta al Just Fit di Monselice, invece, il posto c'era eccome. Due pesi e due misure secondo il giovane africano Karamba Diouf, che nei giorni scorsi ha depositato in Procura a Padova una denuncia nei confronti di Rodolfo Boetto, titolare della palestra. L'ipotesi di reato è una delle otto fattispecie contemplate dall'articolo 604 bis del codice penale: atti di discriminazione razziale. A fine giugno, infatti, il 32enne senegalese che risiede in Italia dal 2015 e lavora come operatore socio-assistenziale nell'associazione Tangram, era stato rifiutato per ben due volte dalla palestra di Monselice. Il locale, come giustificazione, aveva detto di aver raggiunto il tetto massimo di iscrizioni. Salvo poi accogliere a braccia aperte un padovano che aveva chiesto informazioni sui corsi disponibili. Karamba aveva preso contatti a metà giugno con la palestra di via Rovigana, come aveva fatto suo cugino. Entrambi avevano ricevuto la stessa risposta: «Ci hanno detto: Siamo al completo. Voi non potete iscrivervi racconta Diouf quel voi mi sembrava riferito in generale alle persone di colore». Il 32enne africano non si era dato per vinto di fronte a quello che aveva tutta l'aria di un episodio di discriminazione. Tanto che il 28 giugno aveva bussato di nuovo alla porta della palestra, registrando di nascosto la conversazione con il gestore. «Questo è un circolo chiuso, possono entrare solo le persone iscritte gli aveva spiegato Rodolfo Boetto, indicandogli anche dove trovare altri centri «aperti a tutti» che offrono gli stessi servizi ci sono solo 200 persone, ogni volta che una di loro va fuori, nel club può entrare qualcun altro». Per esempio il 32enne Umberto, amico e complice di Karamba. A lui, che si era presentato nel locale di via Rovigana un quarto d'ora più tardi chiedendo le stesse informazioni, il titolare aveva illustrato orari, prezzi e servizi, facendogli fare un tour delle sale attrezzate. Un'accoglienza completamente diversa, quindi, che Boetto aveva giustificato come precauzione visti i problemi avuti in passato con alcuni utenti di colore, ritenuti responsabili di alcuni furti. «Noi non discriminiamo nessuno aveva però precisato il gestore abbiamo una quarantina di stranieri che sono frequentatori abituali». Spetterà ora alla Procura padovana valutare la fondatezza o meno del reato. Ma al di là dell'esito giuridico della vicenda, la denuncia presentata dal 32enne africano è già una piccola vittoria, secondo l'avvocato Eva Vigato, a cui lo straniero si è rivolto. «Il gesto di Karamba è un primo passo importante per scardinare l'equazione pelle nera uguale pericolo e criminalità afferma il legale E' un atteggiamento da combattere se vogliamo costruire una società davvero civile».
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