Don Temporin, l'assoluzione anche in appello

Venerdì 22 Luglio 2016 di La Procura generale aveva chiesto una pena modesta
È il secondo verdetto assolutorio. Don Gino Temporin, 69enne arciprete della parrocchia di San Martino di Piove di Sacco ma all'epoca dei fatti rettore del Seminario Minore di Padova, è stato scagionato per la seconda volta dall'infamante accusa di aver abusato di un allievo. Assolto perchè il fatto non sussiste, a conferma della sentenza di primo grado, pronunciata dal Tribunale di Padova il 18 dicembre 2013. Questo il dispositivo letto dal presidente della terza sezione della Corte d'Appello di Venezia Gioacchino Termini. I giudici non hanno accolto la richiesta di condanna avanzata dal sostituto procuratore Giovanni Francesco Cicero che pure aveva concesso all'imputato l'attenuante del fatto di lieve entità reclamando una condanna modesta, entro i limiti previsti per la concessione della sospensione condizionale. Don Gino Temporin, assistito dal penalista Paolo Marson, può finalmente tirare un sospiro di sollievo anche se in linea teorica il processo potrebbe approdare in Cassazione. Tutto dipenderà dalle scelte della Procura generale, che potrebbe impugnare la sentenza di assoluzione. Sono trascorsi ormai dodici anni dalla vicenda che ha costretto l'arciprete di Piove ad affrontare un estenuante iter giudiziario. Risale infatti al settembre 2004 la gravissima accusa di aver abusato sessualmente di un ex allievo del Seminario Minore di cui era rettore. Il processo di primo grado era ruotato attorno alla credibilità della parte offesa, la cui denuncia non aveva trovato, nè in istruttoria e neppure in dibattimento, riscontri attendibili. Quanto accertato dai periti aveva convinto il tribunale dell'inattendibilità del racconto della presunta vittima. L'ex seminarista, all'epoca tredicenne, soffre di un disturbo di natura psicotica che lo porta a confondere realtà e fantasia. Gli esperti hanno individuato un disagio strutturale di origini genetiche, non riconducibile ad un evento traumatico quanto piuttosto ad una delicata situazione familiare. I test sulla personalità del ragazzo hanno portato i periti del tribunale a ritenere «altamente improbabile un'assoluta certezza storica» nel racconto dell'ex seminarista, forse frutto di una involontaria deformazione. È quella che in gergo psichiatrico viene definita «embricatura reale e fantastica». Il ragazzo avrebbe operato una stratificazione dei ricordi, senza distinguere tra vero e immaginario.

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