Claudio libero, la mamma lo difende

Domenica 11 Marzo 2018
Claudio libero, la mamma lo difende
MONTEGROTTO
Sono le 12.30 di un sabato mattina di inizio marzo quando il cancello della villa di via Campagna Bassa a Montegrotto si apre. Queen, il rottweiler della famiglia Claudio, indietreggia per far entrare la Peugeot 508 grigio scuro. Al volante, Luca Claudio, l'ex sindaco di Montegrotto (per un decennio) e di Abano (per cinque anni, poi riconfermati dalle urne senza però partire mai), tornato libero, e libero di muoversi senza restrizioni, giovedì sera dopo che a novembre era stato riarrestato mentre si trovava per lavoro in un hotel a Milano.
Capelli alle spalle, maglietta nera a scollo, jeans e scarpe da ginnastica, Claudio saluta entrando in casa dopo aver passato la mattinata in giro - anche se a Montegrotto e Abano nessuno dice di averlo visto -, ed essere andato a prendere uno dei figli a scuola.
IL GESTO DEL SILENZIO
Con le mani, mentre gira attorno all'auto e inforca la porta d'ingresso, il gesto inequivocabile del silenzio. Poi più niente. Il campanello che suona a vuoto e Claudio, l'ex imperatore delle Terme, che si chiude nella sua villa di via Campagna Bassa.
Le uniche parole sono quelle della madre, Graziella: «Abbiamo bisogno che qualcuno, a cose finite, ci stia vicino e dica qual è la verità. Perché la verità non è ancora venuta fuori», risponde la donna che però taglia corto su tutto il resto. Felice per aver potuto riabbracciare il figlio dopo mesi, ma ancora con il dente avvelenato verso chi sa e non parla: «Basta, basta, non voglio dire di più».
Quello vissuto da Luca Claudio quindi, smagrito e con lo sguardo che lascia intendere quello che fu l'uomo mai sconfitto a una votazione, è stato un primo giorno a piede libero senza picchi. Forse anche per la voglia di riacquistare una normalità travolta dal primo arresto, la mattina del 23 giugno 2016, quattro giorni dopo essere stato eletto per la seconda volta sindaco di Abano Terme.
RIELETTO E SUBITO ARRESTATO
L'accusa, con cui la Finanza l'aveva prelevato da casa all'alba, quella di aver fatto da burattinaio di un giro di tangenti e mazzette con cui gestire una sfilza di appalti pubblici (i più vecchi risalivano anche al periodo vissuto da sindaco di Montegrotto, fino al 2011 quindi) assegnati a quegli imprenditori che si prestavano a pagare una percentuale al primo cittadino e al suo sodale Massimo Bordin, vice e poi successore di Claudio a Montegrotto. Accuse che gli erano costate un patteggiamento a 4 anni in tribunale a Padova, ridotto e diventato definitivo in Cassazione a 3 anni e 11 mesi.
Claudio, scarcerato una prima volta il 2 marzo dell'anno scorso, era stato riarrestato per via di un'intervista concessa mentre si trovava ai domiciliari a Porto Levante, nel Rodigino, in cui accusava Finanza e magistratura respingendo ogni accusa sul suo conto.
IL MEMORIALE E LE SCUSE
Portato in carcere, aveva chiesto scusa con un memoriale ed era tornato un uomo libero il 10 aprile scorso, per poi fare ritorno a Mezzavia.
A novembre il terzo arresto per via di un riconteggio da parte dei giudici tra cumulo di pena (vecchia condanna per la questione relativa all'Hotel Caesar di Montegrotto) e giorni previsti di liberazione anticipata. Si è così arrivati a un totale da scontare di 3 anni, un mese e 7 giorni. Totale che andava oltre il limite dei tre anni entro il quale si può chiedere l'affidamento in prova e ottenere una sospensione della pena inflitta: arresti che Claudio ha passato nei penitenziari di Milano e di Mantova fino a venerdì scorso, quando una sentenza della Corte Costituzionale ha bollato come incostituzionale l'ordine di esecuzione per pene detentive inferiori a quattro anni. Il caso di Claudio, appunto. Tutto finito quindi?
Nemmeno per sogno: sulla sua testa pende ancora il processo sulle presunte tangenti relative alla bonifica della discarica di via Guazzi, a Giarre, che avrebbe coinvolto due ex dipendenti comunali (l'ex capo dell'Ufficio tecnico Maurizio Spadot e l'ex responsabile dell'Ufficio ambiente Guido Granuzzo) e la ditta Pistorello
Nicola Munaro
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