Chiamato a testimoniare, poteva essere arrestato

Martedì 19 Dicembre 2017
Chiamato a testimoniare, poteva essere arrestato
IL LADRO
PADOVA Chi c'era quella notte del 22 luglio 2013 con lui mentre cercava di razziare la casa del macellaio Walter Onichini, Elson Ndreca non lo dirà mai. E il suo segreto l'ha ribadito il 19 giugno scorso, nella sua ultima sortita padovana, testimone nel processo che lo vedeva parte civile contro l'uomo che gli aveva sparato, l'aveva caricato in macchina ferito e poi lo aveva scaricato in un campo. Per disfarsi del corpo, ha sostenuto la procura e il tribunale che ieri ha condannato Onichini. Perché minacciato con un coltellino puntato alla gola, è la versione del macellaio. Che questa volta la battaglia in tribunale con Ndreca l'ha persa, dopo aver vinto il processo che li vedeva sempre uno contro l'altro, ma a parti invertite. Ma Ndreca, ora ricercato in Albania con un mandato di cattura sulla testa, non voleva saperne di tradire i compagni di scorribande. Pagherò per il mio silenzio aveva risposto il ladro al pm che gli chiedeva di fare i nomi. Poche parole e poi via, anche perché quel giorno di sei mesi fa Ndreca aveva tutta la voglia di tagliare in fretta la corda. Arrivato a palazzo di Giustizia, aveva scoperto (su sollecitazione dell'avvocato Ernesto De Toni, legale di Onichini) che la sua condanna a 3 anni e 8 mesi, a cui si aggiungeva un risarcimento da 15 mila euro nei confronti del macellaio, era diventata definitiva e per lui le manette sarebbero potute scattare in qualsiasi momento. Peccato però che non fosse stato firmato nessun ordine di carcerazione e così il ladro, che in aula si era presentato con il capello impomatato, indossando una polo bianca e sfoggiando una fede al dito a testimoniare il matrimonio di qualche settimana prima, appena finito di rispondere si era allontanato in tutta fretta dal tribunale, direzione Albania. Dov'è ancora oggi e dove vive da fuorilegge ricercato. Un'occasione ghiotta, quasi irripetibile, quella che si era presentata a giugno. Perché Ndreca il ladro lo fa di professione, come testimonia un pedigree criminale di tutto rispetto. Iniziato a Padova, dove Ndreca era arrivato all'età di nove anni. Piccoli furti fino al 22 luglio 2013 quando da Milano lo racconta lui stesso nell'udienza in cui si era seduto sul banchetto dei testimoni era partito alla volta di Legnaro. Un obiettivo scelto a caso per quella che Ndreca definirà la sua prima uscita, cioè il primo colpo. E in effetti quello è il primo vero episodio da criminale del giovane albanese che poi però sembra non fermarsi più. Padova e il Veneto avevano perso le tracce di Ndreca sul finire del 2013 quando, dopo aver passato venti giorni in coma e alcune settimane in una cella del Due Palazzi per via dell'irruzione a casa di Onichini, era stato spedito a Valtournenche, in Val d'Aosta, a casa di un parente. Lì Ndreca avrebbe dovuto presentarsi ogni giorno alla stazione dei carabinieri per rispettare l'obbligo di firma quotidiana. Ma dopo poche settimane il giovane non si fa più vedere. Il suo nome però diventa famoso e viene inserito nell'elenco dei nemici pubblici numero uno dalle polizia di mezza Europa. Lo incrocia per prima la polizia belga che collega il suo nome a decine e decine di furti. Per uno di questi episodi torna anche in carcere ma in attesa del processo, viene di nuovo rilasciato e si dà ancora alla macchia. A Padova lo si rivede nelle vesti di imputato in occasione del processo sul furto a casa Onichini. Poi più nulla fino al 19 giugno scorso, quando si fa vivo per testimoniare solo di fronte alla seconda convocazione del tribunale. Alla prima non poteva venire, si stava sposando, fa sapere quel giorno il suo avvocato. Che a suo conto chiede al macellaio un maxi risarcimento da 324 mila euro, senza che lui abbia mai versato un solo centesimo nelle tasche di Onichini, nonostante la sentenza (la sua passata in giudicato, e quindi esecutiva) che lo condannava a 3 anni e 8 mesi di carcere e a 15 mila euro di ristoro.
N.M.
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