IL RETTORE
PADOVA «Il Santo dei miracoli. Neanche si pronuncia il suo nome, da parte dei devoti, tanto sanno che Sant'Antonio è il Santo per antonomasia, appunto. Così, quando annualmente, per la Festa della Lingua, vediamo pubblicare i dati riguardanti il flusso dei pellegrini in basilica, provenienti dalle parti più sperdute del pianeta, non si sa se restare stupiti o esclamare semplicemente: Niente di nuovo! Sant'Antonio è il Santo più amato del mondo». A parlare è il rettore della basilica-santuario padre Oliviero Svanera.
«Le motivazioni che portano le persone in basilica - aggiunge - non sono soltanto quelle religiose o devozionali. Molti vengono per quello che viene chiamato il turismo religioso o il turismo proprio a una città d'arte e di cultura come Padova. Ma è indubbio che i grandi numeri al Santo si giustificano ancora perché in questo luogo si può esprimere la propria fede in semplicità, seguendo le varie tradizioni che sono state apprese fin dall'infanzia. Una fede che si nutre di gesti, di mani che si tendono verso la tomba, di cammini, di venerazione di reliquie, di silenzio, di preghiera, di celebrazioni, di accoglienza e incontro con i frati, con le testimonianze di fede e di carità che il Santo ispira». Avverte, padre Svanera, che proprio «qui si vede ogni giorno come opera la grazia e la misericordia di Dio».
I più scettici, aggiunge il Rettore, «possono dire che venire al Santo o venerare delle reliquie è un modo un po' superstizioso, al limite del pagano, di vivere la fede», ma a questo punto, riecheggiando Papa Francesco, sottolinea come proprio nel santuario, le persone, «quando sono accolte, diventano più disponibili ad aprire il loro cuore e a lasciarlo plasmare dalla Grazia. Un clima di amicizia è un seme fecondo che i santuari possono gettare nel terreno dei pellegrini permettendo loro di ritrovare fiducia nella Chiesa».
Giovanni Lugaresi
© RIPRODUZIONE RISERVATA PADOVA «Il Santo dei miracoli. Neanche si pronuncia il suo nome, da parte dei devoti, tanto sanno che Sant'Antonio è il Santo per antonomasia, appunto. Così, quando annualmente, per la Festa della Lingua, vediamo pubblicare i dati riguardanti il flusso dei pellegrini in basilica, provenienti dalle parti più sperdute del pianeta, non si sa se restare stupiti o esclamare semplicemente: Niente di nuovo! Sant'Antonio è il Santo più amato del mondo». A parlare è il rettore della basilica-santuario padre Oliviero Svanera.
«Le motivazioni che portano le persone in basilica - aggiunge - non sono soltanto quelle religiose o devozionali. Molti vengono per quello che viene chiamato il turismo religioso o il turismo proprio a una città d'arte e di cultura come Padova. Ma è indubbio che i grandi numeri al Santo si giustificano ancora perché in questo luogo si può esprimere la propria fede in semplicità, seguendo le varie tradizioni che sono state apprese fin dall'infanzia. Una fede che si nutre di gesti, di mani che si tendono verso la tomba, di cammini, di venerazione di reliquie, di silenzio, di preghiera, di celebrazioni, di accoglienza e incontro con i frati, con le testimonianze di fede e di carità che il Santo ispira». Avverte, padre Svanera, che proprio «qui si vede ogni giorno come opera la grazia e la misericordia di Dio».
I più scettici, aggiunge il Rettore, «possono dire che venire al Santo o venerare delle reliquie è un modo un po' superstizioso, al limite del pagano, di vivere la fede», ma a questo punto, riecheggiando Papa Francesco, sottolinea come proprio nel santuario, le persone, «quando sono accolte, diventano più disponibili ad aprire il loro cuore e a lasciarlo plasmare dalla Grazia. Un clima di amicizia è un seme fecondo che i santuari possono gettare nel terreno dei pellegrini permettendo loro di ritrovare fiducia nella Chiesa».
Giovanni Lugaresi
