LA POLEMICA
VENEZIA «I referendum di Lombardia e Veneto, lo dirò chiaramente,

Lunedì 25 Settembre 2017
LA POLEMICA VENEZIA «I referendum di Lombardia e Veneto, lo dirò chiaramente,
LA POLEMICA
VENEZIA «I referendum di Lombardia e Veneto, lo dirò chiaramente, non ci appassionano». Applauso scrosciante. Solo che a spellarsi le mani non è una platea della minoranza dem, fautrice dell'astensione o al limite del No nella doppia consultazione del 22 ottobre, ma di orgogliosa destra, alleata con i promotori del Sì nel voto sull'autonomia. A parlare dal palco è infatti Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia, spesso e volentieri definita «mia sorella» da Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord. Si consuma così a Roma, in occasione della ventesima edizione della festa Atreju, la frattura programmatica nel centrodestra, di cui peraltro la stessa ex ministra annuncia di aspirare alla leadership: «Io sono in campo. Del resto se compete Di Maio, possiamo agevolmente competere anche noi».
I CINQUE PUNTI
Al lordo delle ovazioni, l'intervento di Meloni dedicato al referendum dura appena due minuti, sufficienti però a rimarcare tutta la distanza dal Carroccio. Punto uno: «Noi sosteniamo una visione patriottica del federalismo, non ci convincono le spinte autonomiste basate su calcoli di convenienza economica». Due: «È legittimo che ci si interroghi sull'assetto complessivo dello Stato, sul grado di autonomia delle Regioni e dei Comuni, ma io non penso che sia utile creare i presupposti per un egoismo locale che rischia di indebolire l'intero sistema produttivo economico che è fondato sull'unità della nazione». Tre: «La richiesta delle Regioni del Nord è effimera al di fuori della coesione nazionale e senza un lavoro imponente di ricostruzione del piano occupazionale ed economico delle regioni del Sud». Quattro: «Quando vedo qualcuno che a casa nostra chiede di issare la bandiera della Catalogna sul palazzo della Regione Lombardia (ma è successo anche in Veneto a Ferro Fini, ndr.), dico che non ci chiami. Io guardo le immagini dello scontro tra catalani e castigliani e dico che qui non deve accadere mai, qui non ci sono i popoli italiani, qui c'è il popolo italiano». Quattro: «Qui ci sono mille tradizioni, mille campanili, mille identità, ma c'è una sola patria e su questo non si transige e noi non transigeremo mai». E cinque, con ironia: «Sembra che non ci siano mai delle differenze tra noi e la Lega sul piano del programma... però su questo non siamo perfettamente d'accordo».
LE REAZIONI
Decisamente no, tant'è vero che a stretto giro il leghista Gianni Fava, assessore regionale della Lombardia, invita Salvini a prendere le distanze da Meloni: «Non possiamo rischiare che anni di battaglie politiche vengano vanificati dalla poca chiarezza di certi alleati che, sul territorio, dicono di essere favorevoli all'autonomia e poi, a Roma, in evidente trance agonistico, di fronte ad una platea di reduci della destra sociale, dicono apertamente di non condividerle né apprezzarle». Sergio Berlato, coordinatore veneto di Fdi, non vede però alcuna contraddizione: «Giorgia semplicemente non condivide la deriva secessionista e indipendentista che ancora caratterizza una parte della Lega. Ma la posizione del nostro partito in Veneto e Lombardia è chiara e l'ho ribadita in assemblea nazionale: noi ci schieriamo a favore del referendum per permettere ai cittadini di esprimersi e appoggiamo il Sì perché non c'è alcuna incompatibilità tra la richiesta di maggiori forme di autonomia e la salvaguardia di un principio per noi indiscutibile qual è quello dell'unità nazionale».
Nel giorno in cui perfino il non-salviniano Umberto Bossi rilancia la sfida sostenuta dall'attuale dirigenza del partito («Il referendum è così decisivo che tutto il resto passa in second'ordine», dichiara al quotidiano La Stampa), è dunque inevitabile che la polemica finisca per montare pure in Veneto. «Non ci interessa cosa dice la Meloni sbotta Gianantonio Da Re, segretario nazionale della Liga perché lei è di Roma e questo spiega già tutto. Il referendum è stato ammesso dalla Corte Costituzionale e tanto ci basta. Comunque il suo pensiero vale il 4%. E sono sempre più convinto che farà bene Salvini a presentarsi da solo, se questi sono i presupposti dell'alleanza. Nel momento in cui Lombardia e Veneto fanno un referendum per difendere i rispettivi territori dalla voracità di Roma, sono inconcepibili queste sparate, le stesse che fa Madrid contro la Catalogna».
Angela Pederiva
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