PALERMO - «Da solo no, da solo sul palco non ce la posso fare. Sono un tipo

Domenica 25 Settembre 2016
PALERMO - «Da solo no, da solo sul palco non ce la posso fare. Sono un tipo timido...». E allora Casaleggio junior, il Davide planato da Milano, al suo debutto pubblico nella vita di partito, si fa scortare sul palco dal Dibba e da Di Maio e i tre tenori o la Formula 3 (ma quelli avevano Lucio Battisti a scrivere i testi mentre questi no: e si sente) diventano le star della serata.
Comincia il Dibba e fa il Dibba, ossia Re Selfie, poi Giggino per una volta scravattato (e capace di citare l'unica frase banale pronunciata da Shakespeare in vita sua: «La Sicilia è una terra piena di sole») ma soprattutto lui: Casaleggio jr., nerd di successo con forte inflessione lumbard, jeans e scarpe da ginnastica, emozionato e commosso, spaesato come chi non è abituato ai riflettori (fece solo un breve discorso ai funerali del papà) e sembra proprio, mentre parla da tecnico informatico della Piattaforma Rousseau, l'opposto di un guru visionario del calibro del genitore. Tanto da suscitare sul pratone la malinconia per il caro estinto: «Ah, quando c'era Gianroberto....». Ma non c'è e allora Grillo si mette anche a cantare - non male - un blues alla Muddy Waters.
Se la gerarchia degli interventi ha un senso, Casaleggio che parla per ultimo (ma ultimissimo è Grillo) significa che lui conta più di tutti e Di Maio che parla dopo il Dibba vuol dire che gli è ancora superiore nella scala del comando. Ma la lotta di partito è più aperta che mai.
Questa è la festa dell'unità-unità-unità, ma l'unità non c'è più. Sostituita dalla recita scolastica: ognuno sale sul palco e recita la sua poesiola. Ma soprattutto è la festa del «dove si va a cena stasera?». Che è la formula dell'ingaggio correntizio, la mia tavolata contro la tua, in questo partito nel quale non si sa più chi comanda (ma Grillo ha incontrato i giornalisti coreani ed è un segno: Beppe Caro Leader) e tutti vogliono posizionarsi nella stagione della perdita dell'innocenza e della scoperta dei piaceri, ma anche delle invidie e delle gelosie, da ceto politico tradizionale.
Nel pratone della woodstock pentastellata, in questo bagno che dopo tanti pasticci vorrebbe essere purificatore («Dobbiamo recuperare l'entusiasmo degli inizi», grida Beppe in versione sansepolcrista), il senatore Nicola Morra che gira con un codazzo di fan e la deputata Lombardi madrina dell'evento sono particolarmente attivi nel reclutamento delle truppe per la sfida interna. «Bisogna fare qualcosa», vanno ripetendo tutti tra gli stand e nella bolgia dei peones e dei volontari anche se ormai prevalgono i professionisti.Ma i palermitani per lo più stanno a casa o alla stadio a vedere la partita dei rosanero contro la Juve (vuoi mettere con il video sconclusionato inviato da Dario Fo, e tutti vorrebbero essere altrove?). Intanto la Appendino, sindaca torinese, confessa: «Io sono gobba, tifo Juve. E non è il peggiore dei miei difetti». Perfino qui si preferisce Huguain a Fo.
Ma lo scopo di molti è ridimensionare Giggino o' Fuoricorso. Che non si dà per vinto anche grazie alla residua protezione da parte di Grillo. A sua volta, perfino lui, oggetto di frecciate: «Un garante che si mostra vicino ad alcuni e lontano da altri non è un garante vero».
Il Dibba è arrivato a bordo del suo scooterone: «Ce la fai una impennata?». Fico fa l'Ingrao (paragone ovviamente sproporzionato) quando in un clima da vecchio congresso Pci dice liricamente: «Dobbiamo tornare ad essere fedeli a noi stessi». La senatrice Lezzi, boccoluta virago pugliese, ce l'ha con Di Maio e vorrebbe la rottamazione ufficiale del Direttorio. Perciò, per ripicca, si prova escluderla dal palco ma Grillo, in versione zen, l'ha graziata. Il menù politico della festa e carnivoro, tutti vorrebbero masticare tutti, ma lo stand dei vegani va forte e anche quello del gruppo Rivoluzione Fruttista (ovvero sloggiare Renzi ingurgitando mandarini bio?).
Lo sforzo di tutti è quello di coprire la crisi in corso. E e a fingere che non avesse ragione Alberto Moravia, quando scriveva: «La politica è la ricerca del possibile, del compromesso, del relativo. Quando la politica si protende verso la ricerca dell'assoluto diventa qualcosa di estetizzante, di fideistico o di compiaciuto». Proprio come lo spettacolo che sta andando in scena quaggiù.
M.A.

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