La grande impresa dei soccorsi oltre 200 salvati dalle macerie

Venerdì 26 Agosto 2016
Operai, imprenditori, disoccupati, insegnanti, infermieri, mamme in licenza maternità. Eppoi professionisti del soccorso, agenti e militari formati per fare qualcosa di molto specifico che poi si trovano a scavare tra le macerie a mani nude. L'esercito che ogni volta salva l'Italia ferita è composto da persone diverse in tutto ma che davanti alle calamità si scoprono improvvisamente capaci di andare d'accordo. Pure il premier Matteo Renzi ieri ha sottolineato il loro nuovo record: davanti a un «enorme bilancio di morti», 250 persone, c'è un numero di «estratti vivi, che è il più alto della storia degli ultimi terremoti, con 215 persone», ha detto.
Difficile sciogliere l'enigma su cosa li spinga quando incontri uno come Giuseppe Leone che nella vita fa l'imprenditore, con 20 dipendenti in uno stabilimento a Bari e per di più è vedovo e ha tre figlie femmine. Eppure ieri mattina era qui che si aggirava tra le frazioni di Saletta e Sant'Angelo, alle spalle di Amatrice, mentre le case continuavano a crollare. È presidente dell'associazione Sass di Bari, supporto all'assistenza stradale, ma in queste ore ha fatto di tutto: «Al momento della scossa ho fatto un giro di telefonate e sono partito. In fabbrica ci sono i miei operai, gli ho solo detto di far conto che restavo in ferie un po' di più. Quando siamo arrivati ad Amatrice, alle cinque, abbiamo scavato tra le macerie aiutando i vigili del fuoco. Poi quando gli aiuti aumentavano abbiamo cercato di mettere in sicurezza la zona». Alle figlie ci pensa, ma non si ferma: «Credo che più della vita conti aver dato loro l'esempio. Sanno che il padre fa tutto per gli altri». Per Giuseppe come per gli altri, il trauma peggiore è trovare un corpo morto, specie se si tratta di bambini. Michela Santoprete, direttore di un supermercato a Borgo Velino, non lontano da Rieti, conta vivi e morti: «Quando siamo arrivati non dovrei dirlo ma non eravamo titolari a intervenire. Ma non potevamo fermarci, abbiamo cominciato a scavare. All'arrivo dei vigili del fuoco, ci siamo spostati». Il suo gruppo della Protezione civile è tra quelli che tra mercoledì pomeriggio e ieri hanno preso a girare le 49 frazioni attorno ad Amatrice. Paesi piccoli ma che in queste ore erano pieni di villeggianti che aspettavano la sagra dell'Amatriciana. Casale, dieci case, conta sette morti: «In quella casa lì abbiamo trovato moglie e marito vivi ma la bambina di un anno e mezzo era morta – conta Michela - Gabriele, invece, che ha otto anni, lo abbiamo visto che vagava sul tetto della casa vicino alla sua. La sorellina di dieci anni, Elena, non c'è più. Abbiamo scavato per sette ore senza fermarci, ma è stato inutile». Nemmeno Michela, sa spiegare il proprio coraggio: «Quando sei lì ti viene, riesci a farlo, raccontarlo dopo è molto più difficile. Fino a qualche anno fa non mi piacevano i volontari, pensavo che lo facessero per opportunismo, magari per soldi. Poi ho conosciuto questa associazione e piano piano ho capito che la realtà può essere diversa, migliore, e che volevo farne parte». Di soldi, anche un piccolo rimborso, non vogliono sentir parlare. Walter Buccioli, insegnante di informatica e pure lui della protezione civile di Rieti, alza la voce: «Io ho già detto a tutti che se me li danno me ne vado. Se mi pagano, allora faccio altro».
Ma anche chi del soccorso ha fatto un lavoro non riesce ad abituarsi. I vigili del fuoco istruttori della scuola emergenza di Monte Libretti sono rimasti a scavare fino alle 4.30 di mattina di ieri ad Amatrice. Quindi, hanno dormito - «due ore e mezza», sorridono all'unisono - e si sono spostati nella frazione di Sant'Angelo per recuperare altri corpi. Il comandante Giorgio Pacelli e Carlo Pagliacci erano già stati a San Giuliano e all'Aquila: «Non c'è niente da fare, la maggior parte del lavoro lo dobbiamo fare con le mani. I mezzi meccanici servono per tirar su le travi, ma quando senti una voce che chiama dalle macerie, quando un vicino di casa ti dice che lì ha dormito qualcuno, come fai a fermarti?». «Ho dovuto tirar via i miei dal turno», racconta pure Luca Iobbi dirigente della Polizia stradale di Rieti: «Siamo stati tra i primi ad arrivare ad Amatrice. Non c'erano neppure i vigili del fuoco e ci siamo messi a scavare con le luci dei cellulari. Solo dopo qualche ora abbiamo preso servizio sulla sicurezza stradale. Purtroppo un collega ha salvato una donna ma ha trovato due bambini morti. Il primo era accartocciato su se stesso e lui non riusciva a riprendersi». Turno di lavoro di mercoledì? Dalle 4 di mattina alle 11 di sera: «In quei momenti non puoi fermarti».
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