Categorie protette gratis, gli altri a pagamento

Giovedì 29 Settembre 2016
ROMA - Una soglia minima di pensione per accedere all'uscita anticipata con il prestito. È un “paletto” inserito nel verbale firmato da governo e sindacati, che comunque come vari altri aspetti dovrà essere ulteriormente chiarito nei successivi contatti tra le parti. L'obiettivo è impedire che qualche lavoratore cessi l'attività con un trattamento in prospettiva troppo basso, soprattutto se destinato ad essere poi decurtato dalla rata di ammortamento del prestito.
La volontà dell'esecutivo è di privilegiare la versione agevolata del meccanismo, quella che dovrebbe permettere a disoccupati di lungo periodo, lavoratori che svolgono attività pesanti, o ancora disabili o con parenti disabili da assistere, di accedere alla prima alla pensione con una penalizzazione economica nulla oppure comunque ridotta. Anche per loro però l'entità dell'aiuto dello Stato dovrà essere definita meglio, così come la sua stessa natura; nel testo si parla di «bonus fiscali aggiuntivi o trasferimenti monetari diretti», dunque è ancora aperta la scelta tra la detrazione Irpef e una sorta di assegno, che dal punto di visto della contabilità andrebbe ad aumentare la spesa. Chi vorrà optare per l'Ape senza appartenere alle categorie protette, dunque per una propria scelta di vita, dovrà invece accettare una decurtazione dell'assegno definitivo proporzionale al periodo di anticipo. Il punto di riferimento è la pensione netta che l'interessato avrà maturato dai 63 anni in poi, quindi prima dell'età della vecchiaia fissata (per ora) a 66 anni e 7 mesi. In questo periodo intermedio, che può arrivare appunto ad un massimo di 3 anni e 7 mesi, il pensionando percepirà una quota di quell'importo, erogata esentasse in 12 mensilità. Ovviamente anche la misura del trattamento inciderà sulla successiva rata, che poi verrà anche “caricata” del costo della polizza assicurativa per il caso di decesso dell'interessato prima dei 20 anni dell'ammortamento. Ipotizzando un trattamento pari al 75 per cento di quello definitivo, un tasso di interesse poco al di sopra del 2 per cento e un costo assicurativo complessivo pari al 20 per cento del capitale si arriverebbe nel caso di anticipo di 3 anni e 7 mesi ad un “taglio” di circa il 20 per cento, che però può arrivare al 25 se la quota di trattamento anticipato è maggiore. Con un solo anno di anticipo, la penalizzazione sarebbe del 5-6 per cento.
Per le categorie agevolate invece i costi sarebbero azzerati in caso di trattamento fino a 1.200 euro netti mensili (ma i sindacati spingono ancora per innalzare la soglia). Al di sopra si avrebbe una decurtazione via via crescente, che ad esempio potrebbe arrivare intorno al 12 per cento per una pensione di 3 mila euro mensili e un periodo di anticipo di 3 anni e 7 mesi.
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