Arbore e il suo lungo sodalizio con lo storico amico Boncompagni: «La nostra radio,
veicolo di libertà»

Martedì 18 Aprile 2017 di Malcom Pagani
Arbore e il suo lungo sodalizio con lo storico amico Boncompagni: «La nostra radio, veicolo di libertà»
Notte dei tempi, alba di un’amicizia: «Il concorso per programmisti di musica leggera - racconta Renzo Arbore - si teneva al Foro Italico. Ero giovane, timido e impacciato e come compagno di banco incontrai questo ragazzo di Arezzo, disinvolto e con l’aria che hanno solo i maledetti toscani di malapartiana memoria. Gianni Boncompagni fu subito sfacciato: “Io lavoro già per il servizio propaganda della Rai, ma sai la vera ragione che mi spinge ad affrontare questa tortura? Ho saputo che se passerò l’esame avrò dei dischi in regalo”.

Gianni era così. Curioso, innamorato della musica, della macchina fotografica, eredità del lungo periodo trascorso in Svezia, che aveva sempre al collo e con cui catturava immagini pazzesche che molto raccontano del periodo successivo da regista televisivo, entusiasta, ironico, intelligente, lungimirante. Di persone argute come lui e con la sua prontezza di riflessi ne ho incontrate pochissime».
 
LA RADIO
Dopo quel banco di prova, altre ne vennero. Bandiera Gialla e Alto Gradimento, solo per restare alla radio: «Insieme inventammo una categoria fino ad allora sconosciuta, quella del teenager. All’epoca i quattordicenni, appena indossati i pantaloni, erano già considerati uomini fatti e finiti. Restituimmo loro una dimensione lieta e trasformammo la radio, ritenuta a torto un cascame antico, sconfitto, superato e quasi cancellato dalla tv, un veicolo di libertà per improvvisare e scatenare la fantasia».

Breve pausa, commozione, il momentaneo affacciarsi di un’amarezza: «Oggi in radio e in tv non si fa più e non perché l’improvvisazione sia decaduta, ma semplicemente perché non la sanno più fare». Dopo l’incontro iniziale, Arbore e Bonco divennero inseparabili: «Ci capivamo con uno sguardo, sapevamo a memoria, senza bisogno di consultarci, cosa pensasse l’altro e perché. Un giorno andai a trovarlo in Via del Babuino, al numero 9, e ci venne in mente di dare il là a un nuovo programma.

Gianni mi chiese: “Ma a te Beatles e Rolling Stones piacciono?”, “Certo - risposi - non ho mai avuto la puzza sotto il naso“. Così irrompemmo da Luciano Rispoli e da Briganti, il suo vice e nacque Bandiera Gialla. Del nome che ci avevano imposto non volevamo saperne, ma poi a quello slogan subìto con riluttanza ci affezionammo. Diventammo i primi dj della radio italiana, e grazie alla acuta percezione dello spirito del tempo di Gianni, risollevammo il mezzo con reciproco divertimento. Combinavamo casini e marachelle ogni giorno, parlavamo del Piper di Crocetta, lanciavamo la filosofia del ballo e della musica moderna dando contestualmente spazio a novità come Lucio Battisti, Equipe 84 e Patty Pravo. Scioglievamo le briglie, anche lessicali, a universi ignoti come il mondo della musica beat, violavamo tutte le regole e mettevamo i dischi che piacevano a noi.

Ogni tanto discutevamo. Proposi a Gianni: “Perché non diamo spazio ad Avevo un cuore che ti amava tanto di Mino Reitano?”. Lui nicchiava: “Ma è melodico, melodico, melodico” e io rapido: “Hai ragione, ma avrà successo, successo, successo”».

Alto Gradimento venne più tardi: «Dopo che- senza esserci persi di vista- ognuno aveva percorso in solitudine professionale un pezzo di strada. Lui faceva Chiamate Roma 3131, io Per voi giovani che con l’avvento intrusivo dei cattocomunisti a cui la leggerezza piaceva pochissimo, pagava il prezzo di un’atmosfera complessiva quasi irrespirabile.
Andammo a proporre Musica e puttanate come titolo di un nuova avventura ad Antonelli, il direttore di rete e lui disse: “Con puttanate, mai. Se chiamerete la trasmissione in un altro modo, invece, benvenuti. Gianni propose Alto Gradimento perché per il bluff aveva sempre avuto una speciale attrazione, io avrei preferito basso perché desideravo l’alibi per l’eventuale insuccesso, alla fine cedetti al suo suggerimento e feci bene».

Tra uno scherzo telefonico e l’altro, la strana coppia fece scuola: «Gli esegeti parlavano di climax, ma noi in verità siamo stati maestri soprattutto nel cazzeggio». Da domani, i due amici di una vita non potranno parlarsi più: «E sarà dura perché ci nutrivamo a vicenda. In questi anni ho imparato così tanto dal suo finto scetticismo e dalla sua capacità di ribaltare la realtà che adesso mi chiedo come farò. Non vedo più nessun insegnante all’orizzonte, non potremmo richiamarlo dalle vette in cui si è andato a rifugiare, il nostro amato Gianni?».
 
Ultimo aggiornamento: 09:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA