In pensione a 67 anni, dalle maestre ai ferrovieri: ecco chi eviterà l’aumento

Venerdì 3 Novembre 2017 di Luca Cifoni
In pensione a 67 anni, dalle maestre ai ferrovieri: ecco chi eviterà l’aumento
Operai edili, conciatori, macchinisti e ferrovieri, camionisti, infermieri che lavorano su turni, facchini o addetti alle pulizie, spazzini, maestre d’asilo. Sono le “attività gravose” o «difficoltose» che potrebbero essere esentate, totalmente o in parte, dal meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita. Di fatto sono le stesse categorie professionali che possono chiedere l’indennità dell’Ape social al compimento dei 63 anni, con 36 anni di contributi o che - se di anni di contributi ne hanno 41 avendo iniziato a lavorare molto presto - possono aspirare all’uscita anticipata con 41 anni di contributi.

CLASSIFICAZIONE ISTAT
Si tratta di una platea disegnata con molta attenzione lo scorso autunno, quando a seguito dell’intesa con i sindacati il governo aveva inserito nella legge di bilancio un primo pacchetto di misure previdenziali. Il riferimento non è generico ma alla specifica classificazione delle professioni realizzata dall’Istat: su questa stessa base si lavorerà da qui al tredici novembre, con l’obiettivo di trovare un’intesa definitiva da trasformare in emendamento governativo alla legge di bilancio. Quanto è ampio il bacino? Un’indicazione arriva dalle domande presentate all’Inps lo scorso luglio (e poi in parte consistente respinte salvo nuovo esame) sia per l’Ape sociale che per il beneficio riservato ai “precoci”: complessivamente coloro che puntavano a passare per il canale delle attività gravose erano 15.030. Ipotizzando che tutti siano effettivamente vicini all’età della pensione arriveranno a maturare i requisiti intorno al 2019 o poco dopo, e se questa impostazione sarà confermata potranno uscire a 66 anni e 7 mesi, oppure con il trattamento di anzianità e 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne).

GLI STANZIAMENTI
Lo schema della sospensione del meccanismo dell’adeguamento all’aspettativa di vita è lo stesso che sempre con la penultima legge di Bilancio era stato applicato ai “lavori usuranti”. Categoria questa diversa e più ristretta rispetto a quella delle attività gravose: ne fanno parte minatori, palombari, addetti agli altiforni, lavoratori impegnati in spazi particolarmente stretti, oppure in turni notturni continuativi e ancora addetti alla catena e autisti di mezzi pubblici. I lavoratori in questione avevano già la possibilità di andare in pensione con regole meno severe di quelle della riforma Fornero: sostanzialmente con il vecchio sistema delle quote pur se inasprito, ad un’età che va a seconda delle singole sottocategorie dai 61 a 7 mesi a 64 anni e 7 mesi.

A questo regime particolare è stata poi aggiunta la sospensione fino al 2026 dell’adeguamento all’aspettativa di vita. La selettività dei parametri dei lavori usuranti è dimostrata dal fatto che più di una volta gli stanziamenti previsti per queste eccezioni alle regole previdenziali si sono rivelati sovrabbondanti rispetto agli effettivi accessi e sono stati quindi definanziati a beneficio di altre esigenze.

IL NODO DEGLI EDILI
Un nodo specifico riguarda i lavoratori edili, che pur se ammessi all’Ape a causa di una carriera tipicamente discontinua hanno difficoltà a raggiungere il requisito contributivo di 36 anni: qualche aggiustamento potrebbe esserci anche su questo punto.
Ultimo aggiornamento: 08:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA