Paolo Savona, la trincea dell’economista eurocritico: «Io europeista, vorrei dirlo al Presidente»

Venerdì 25 Maggio 2018 di Andrea Bassi
Paolo Savona, la trincea dell’economista eurocritico: «Io europeista, vorrei dirlo al Presidente»
Sono ore concitate per Paolo Savona. E delicate. Il telefono squilla a ripetizione, ma sono poche, pochissime, le chiamate alle quali il professore risponde. Parla solo con i fedelissimi, quelli che in questi anni si sono fatti promotori del suo pensiero, i soli, ritiene, che in questi giorni in cui è finito sotto attacco lo difendono pubblicamente e incondizionatamente. Ieri è stata una giornata più difficile delle altre. Matteo Salvini ha stabilito sul suo nome come prossimo ministro dell’Economia la linea del Piave del governo che il presidente del Consiglio designato, Giuseppe Conte, sta provando a formare in queste ore. In diretta su Facebook, il leader leghista, ha lanciato il suo messaggio al Quirinale: «Savona è la figura in grado di rimettere l’Italia al centro del dibattito in Europa».
Una dichiarazione che ha nuovamente messo sul chi vive il Colle che, con una nota diffusa ieri, ha fatto sapere che «diktat» al presidente della Repubblica e a quello del Consiglio non possono essere ammessi. 

IL RIFERIMENTO
Il riferimento è chiaro. Tra gli uomini di Mattarella l’allarme è rosso, e le riserve sul nome dell’economista eurocritico non vengono nascoste. Secondo chi al Colle ha seguito in questi anni il filo del ragionamento di Savona, il professore avrebbe in testa un piano preciso: far salire lo spread fino a 700 per costringere l’Europa a far uscire l’Italia dall’euro. La sola nomina di Savona, ragionano, potrebbe costare fino a 200 punti di spread.

Pesa soprattutto un’intervista rilasciata un anno fa al quotidiano Libero dal titolo: «Ecco l’uomo che ci porterà fuori dall’euro». Ma cosa pensa davvero oggi il professore? Antonio Rinaldi, docente di finanza aziendale presso l’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara, uno dei suoi collaboratori più fidati, tra i pochi che in queste ore è in costante contatto con lui, getta acqua sul fuoco. «Savona», dice al Messaggero, «è la maggiore garanzia di europeismo in questo momento». Anzi, aggiunge, «gli ho appena parlato, e sarebbe disponibile ad un colloquio con il Presidente della Repubblica per dare ampie rassicurazioni sul fatto che l’Italia avrà un ruolo da reale protagonista nell’Unione economica. In un’Unione», aggiunge, «che vada bene a tutti, dalla Germania alla Grecia». Savona sarebbe pronto anche a mettere per iscritto il suo impegno europeista.

Con Mattarella, insomma, Savona sarebbe convinto di poter cucire un dialogo. Chi gli è vicino vede altrove i veri oppositori del professore, nella Banca d’Italia, con una freddezza che arriverebbe anche da Francoforte, dalla Bce di Mario Draghi. Ma perché tanta ostilità? Le posizioni eurocritiche, certo. Ma anche le vicende dei salvataggi bancari, alcuni dei quali Savona avrebbe voluto gestire tramite il Fondo interbancario di tutela dei depositi di cui era presidente senza far pagare dazio ai risparmiatori. E soprattutto proprio la sua forte opposizione all’introduzione delle regole sul bail-in, quelle che obbligano a coinvolgere dagli obbligazionisti, agli azionisti fino ai correntisti nei salvataggi bancari.

«Con il bail-in», aggiunge ancora Rinaldi, «si è codificato il risparmio privato, allora va codificato anche il debito privato che deve essere conteggiato nei parametri insieme a quello pubblico, un passo che riequilibrerebbe la situazione in Europa». Comunque sia, l’intenzione di Savona non è di fare fughe in avanti. Qualsiasi decisione sarà «condivisa» con il Colle, ma nella consapevolezza che fermi non si può restare. Il malumore in Europa continua a crescere, e il prossimo anno ci sono le elezioni che dovranno rieleggere il Parlamento Ue: si rischia di arrivare a quell’appuntamento con un Continente spaccato. La politica europea non funziona e deve cambiare. Il professore, ex ministro del governo Ciampi, direttore dell’ufficio studi della Banca d’Italia, di Confindustria, che ha avuto una parte cruciale nella nascita e nella firma del trattato di Maastricht, pensa di essere l’uomo giusto ad affrontare questo passaggio. Da europeista quale si considera.
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