Norbert Röttgen: «Piena fiducia nell’Italia, l’economia non rischia»

Venerdì 9 Dicembre 2016 di Flaminia Bussotti
Norbert Röttgen: «Piena fiducia nell’Italia, l’economia non rischia»
Norbert Röttgen, 51 anni, è considerato uno dei talenti della Cdu. Ha rivestito importanti incarichi e dal 2014 presiede la Commissione Esteri del Bundestag. Dopo essere caduto in disgrazia, è di nuovo vicino alla cancelliera Merkel ed è stato il primo, in un’intervista alla Cnn, ad annunciare che si sarebbe ricandidata per il quarto mandato. Oltre che preparato, è noto per essere molto diretto.

In Italia è caduto il governo numero 63. In Germania invece finisce l’anno prossimo la diciottesima legislatura: cosa ha pensato con la sconfitta di Renzi al referendum e la caduta del governo: Italia di nuovo nel caos?
«No, non l’ho pensato. Ho pensato che un referendum è stato bocciato ma che questo non deve significare né la crisi in Italia né in Europa. Considero un errore avere collegato un referendum su una questione tecnica con la durata del governo. Si deve poter votare su un referendum e andare avanti: questo è stato da un errore da cui dover imparare».

Spesso si ha l’impressione che la Germania non abbia un quadro chiaro dell’Italia. Che idea si è fatto lei con partiti instabili da un lato e populisti di destra e sinistra che avanzano dall’altro?
«Penso in effetti che l’atteggiamento sul referendum era molto differenziato, anche nel rifiuto, e che queste differenze non vengono capite in Germania. Il no non può essere liquidato come se solo i populisti fossero contro e i non populisti a favore. Credo piuttosto che molti elettori si siano chiesti se fosse una cosa buona o no. Che una proposta di riforma venga respinta deve essere accettato. Questo argomento mostra che l’Italia non precipita in una crisi e nell’irrazionalità populista. In altre parole non si devono fare i populisti più forti di quanto già non siano in Italia».

Prima la Brexit e ora la crisi di governo in Italia: teme che in Europa la situazione possa diventare sempre più precaria?
«No, sarebbe un errore mettere il referendum sullo stesso piano della questione della stabilità in Italia e Europa. Sarebbe dare ragione ai populisti che volevano usare referendum per i loro scopi. Dobbiamo avere fiducia nell’Italia. La fiducia è giustificata: non ci sarà instabilità né economica né politica. Sono fiducioso che l’Italia se la caverà e alla fine ne uscirà addirittura più forte».

Con un Trump in America e un’Europa che sembra scollarsi, quale dovrebbe essere il ruolo della Germania e della cancelliera Mekel, che risulta sempre più isolata?
«Il ruolo della Germania nella situazione attuale dovrebbe essere tenere insieme l’Europa, lavorare all’unità. Il che vuole dire “compromessi europei”: questo è il compito strategico della politica estera tedesca, ripristinare la capacità di agire dell’Europa. La Germania deve farsi promotore di compromessi. Non è il tempo di avere ragione, la situazione è troppo seria, servono compromessi».

Una critica che si sente spesso in Italia, dai populisti ma non solo, è che l’Europa fa esclusivamente gli interessi della Germania e che la Germania stessa fa una politica egemonica. Cosa risponde a chi la pensa così?
«È sbagliato. Sono argomenti che sentiamo in tutti i paesi, anche in Germania si sentono critiche poco serie all’Italia. Sono le critiche di chi vuole fare voti seminando paura in altri paesi. Questa non è la lingua dell’Europa unita ma della divisione dell’Europa, che mette i paesi gli uni contro gli altri. La verità è che l’Europa offre vantaggi a tutti i paesi se funziona. La Germania è un grande vincitore se l’Europa funziona. Egemonia non la esercitiamo, non la vogliamo e non è nel nostro interesse. Vediamo l’Europa come comunità funzionante, e la Germania vuole essere parte di questa comunità».

Su due temi centrali – immigrazione e austerity – l’Italia si sente sola. Qual è la sua opinione su critiche di questo tipo?
«In Germania, ma solo da quando sono arrivati i profughi, vediamo ora la migrazione come un compito europeo. È vero che quando erano solo in Italia non capivamo, ma ora sì. Quindi Germania e Italia sull’immigrazione hanno un interesse assolutamente comune e devono fare una politica comune. Sui conti in ordine sono necessari due elementi: riforme economiche per più competitività, il debito da solo non è la via duratura per la competitività, ma al contempo il processo di riforme deve essere accompagnato da una politica fiscale in modo che vengano accettato dalla popolazione. Dunque riforme e politica fiscale e nessuna delle due parti deve alzare il dito, serve un compromesso».
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