Spuntano i mini Jobs e il lavoro a chiamata

Sabato 18 Marzo 2017 di Giusy Franzese
Spuntano i mini Jobs e il lavoro a chiamata

ROMA Non esistono più. Al loro posto arriveranno altri strumenti, come l’allentamento dei vincoli sul lavoro a chiamata e i minijobs alla tedesca. Oppure i ticket alla francese. Per i voucher all’italiana è arrivato il certificato di morte: il Consiglio dei ministri ha varato il decreto che li abolisce completamente. Non potranno essere più venduti, mentre invece chi li ha già acquistati potrà utilizzarli fino al 31 dicembre prossimo. Nello stesso decreto anche la norma sulla responsabilità solidale degli appalti. In questo modo saltano i due referendum del 28 maggio. Era questo l’obiettivo principale del governo e il premier Gentiloni non lo nasconde: «Dividere il Paese tra chi demonizza lo strumento dei voucher e chi ne voleva circoscrivere i limiti sarebbe stato solo un errore per l’Italia». Inutile dire che la Cgil, promotrice di entrambi i referendum, fa salti di gioia.

Ma lo stesso governo sa che l’abolizione dei voucher apre un vuoto enorme in quella parte del mercato del lavoro che necessita di lavoro saltuario e occasionale. Imprese, commercianti, agricoltori, operatori del turismo e della ristorazione, e anche le famiglie. Il rischio adesso è che, in mancanza di uno strumento alternativo, ci sia una massiccia virata verso il sommerso. 

I voucher erano diventati «una risposta sbagliata a una esigenza giusta» dice Gentiloni. Adesso quindi si apre la fase nuova. Quella della ricerca degli strumenti alternativi, «efficienti e moderni» come sottolinea il ministro del Welfare, Giuliano Poletti. Il tema entrerà a pieno titolo nel tavolo di confronto già avviato con le parti sociali. In u clima teso, però, visto che a parte la Cgil, tutti gli altri sono irritati. A partire dalle imprese e dalla Cisl. «Il Governo è stato sordo ed ottuso, non ci ha mai ascoltato. Adesso trovino loro la soluzione. Noi poi valuteremo» dice il segretario confederale Gigi Petteni. Alla Uil invece prevale il pragmatismo e - come spiega il leader Carmelo Barbagallo - si punta a un accordo con il governo. 

COSA FANNO GLI ALTRI
L’unico strumento che ora rimane per il lavoro saltuario in Italia e il “ lavoro a chiamata”, altrimenti detto “intermittente”. È un vero e proprio contratto subordinato. Serve per prestazioni con frequenza non predeterminabile. Con la riforma Fornero, il lavoro a chiamata è stato molto irrigidito. Il vincolo maggiore riguarda l’età dei lavoratori: possono essere solo under 25 o over 55. C’è poi un massimale di 400 giornate nell’arco di tre anni solari. Possono superare il tetto i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. Si potrebbe quindi tornare alla situazione pre-Fornero, togliendo i vincoli. Ma non sarà facile. «La Cgil si opporrebbe perché ha sempre contestato il lavoro a chiamata» osserva l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi.

Ci sono allora le soluzioni oltreconfine. A partire dai minijobs che in Germania occupano un quarto dei lavoratori totali. Li usano famiglie e imprese . I lavoratori hanno uno stipendio massimo esentasse di 450 euro mensili (5.400 all’anno). I contributi sono bassissimi per le famiglie, un po’ meno per le aziende. Ma restano comunque irrisori, tant’è che secondo un rapporto del ministero del Lavoro tedesco, dopo 37 anni di minijobs il lavoratore avrà diritto a una pensione di appena 115 euro. 

I francesi hanno lo Chèque Emploi Service Universel (CESU), un voucher spendibile solo per l’acquisto di servizi sociali, tipo assistenza agli anziani o all’infanzia.

Stringenti i tetti: non più di 8 ore la settimana o per più di 4 settimane consecutive l’anno. C’è però una variante: i cosiddetti Tese (Titre emploi-service entreprise), introdotti nel 2008, per consentire alle imprese con meno di 21 dipendenti di assumere e gestire lavoratori occasionali, occupati per non più di 100 giorni o 700 ore l’anno. Sono esclusi i lavoratori agricoli e dello spettacolo.

Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 14:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA