America spaccata in due: sul voto pesa il fattore donna

Lunedì 7 Novembre 2016 di Maria Latella
America spaccata in due: sul voto pesa il fattore donna
Quattro anni fa, mentre Barack Obama e Mitt Romney si sfidavano per la Casa Bianca, BBC News mandò in onda un programma dedicato alle “Walmart moms”, le mamme che fanno la spesa nella popolare catena di supermercati. Il titolo suonava cosi: «Le donne che possono decidere chi sarà l’uomo che vince». Succedeva, ripeto, soltanto quattro anni fa. Eppure oggi “quel” titolo sembra polveroso, vecchio, da anni ‘50. E infatti USA Today si interroga in prima pagina: «Ci sarà mai più un ticket presidenziale con due uomini?». Che Hillary Clinton diventi o no la prima donna presidente degli Stati Uniti, non sarà facile tornare indietro, immaginare una campagna elettorale in cui a sfidarsi siano quattro uomini, come, appunto, accadde nel 2012, con Barack Obama e Joe Biden per i democratici e Mitt Romney e Paul Ryan per i repubblicani.

IL LOOK PRESIDENZIALE
Per cominciare, e se Hillary Clinton vincerà le elezioni, per quattro anni tutte le tv, i social media, la carta stampata e insomma l’intera scena della comunicazione globale saranno invase da una nuova immagine del “presidential look”. Non più cravatte ma tailleur pantalone, e probabilmente sempre colorati secondo lo stile ormai prediletto da Hillary. Non più tagli di capelli da marine, come Barack Obama, ma morbide messe in pieghe. Sembrano dettagli frivoli, sono frammenti che si impremeranno nella retina di milioni di bambini e bambine, ragazzi e ragazze: dopo otto anni di un presidente nero e quattro di Hillary, queste generazioni di futuri elettori americani non saranno in grado di immaginare una Casa Bianca in cui il presidente e il suo vice siano entrambi maschi, ed entrambi bianchi.
Del resto, almeno stando allo studio condotto da theSkimm, le Millennials americane, le ragazze tra i 22 e i 35 anni, andranno a votare e, nonostante lo scarso entusiasmo, voteranno in maggioranza per Hillary. Il 56 per cento delle intervistate sta con la candidata democratica, mentre il 24 ancora indecisa, l’8 per cento voterà Trump e un altro 8 per cento per Gary Johnson. Indipendentemente da chi vincerà, il fattore D resta come uno dei marchi di fabbrica, se non il marchio di questa campagna elettorale. Del resto anche The Donald ha puntato molto, sin dall’inizio, sul fattore D. Per aggredirlo, per demonizzarlo. Ma ignorarlo no, non ha potuto.

LA STRATEGIA
La strategia di Donald Trump è stata quella di posizionarsi come «il maschio più maschio» della competizione elettorale. Da qui l’efficace operazione di “femminilizzazione” dei suoi avversari, caduti uno dopo l’altro a colpi di tweet feroci. Jeb Bush era «really weak» un deboluccio «che ha bisogno della mamma». Marco Rubio era «little Marco», ridicolizzato per la statura. Una volta annientati i competitor, Trump si è specializzato nell’attacco alle donne. Strategia studiata nei dettagli, e avviata con i fuochi d’artificio negli studi di Fox news. Da un lato la giornalista Megyn Kelly, dall’altro Trump che la insulta. Ascolti alle stelle, e win win situation per tutti. Per Trump che accende su di sé l’attenzione dei media e dei maschi in cerca di un capro espiatorio. Per il network, che guadagna in ascolti e pubblicità. E per Megyn Kelly che rafforza fama e potere contrattuale (otterrà un milione di dollari per un libro appena uscito).

La strategia di Trump è chiara a tutti e per prima alla sua competitor Clinton: se l’intero genere viene indebolito, ne deriva che una donna, Hillary, non puo’ neppure pensare di arrivare alla Casa Bianca. Semplicemente, come dirà Trump in decine di discorsi e dibattiti, «non sembra presidenziale», oppure «non ha le caratteristiche». Solo un vero uomo puo’ proteggere l’America (e le elettrici). Come spiega lui stesso in un’intervista concessa a Fox news nell’aprile scorso: «Tante donne vogliono essere protette...A loro piaccio per questa ragione».

UNA CORSA UNICA
Quanto piaccia davvero Trump alle elettrici è, ovviamente, un altro discorso e un altro aspetto che rende unica questa campagna elettorale. Perché da mesi tutto gira attorno all’assunto che «se votassero solo gli uomini, Trump sarebbe già alla Casa Bianca», opposto a «se votassero soltanto le donne, Hillary vincerebbe in carrozza». Nessuna campagna elettorale ha diviso l’America in modo cosi spettacolare: nemmeno ai tempi di John Kennedy che sapeva trascinare le elettrici, nemmeno ai tempi di Bill Clinton, la cui prima vittoria, nel 1993, fu molto aiutata dalle “soccer moms” le mamme che non perdono una partita dei figli e, sugli spalti, si scambiano opinioni e confidenze.

IL PREGIUDIZIO
Secondo un sondaggio condotto per The Atlantic e citato dal fondatore del sito FiveThirtyEight, Nate Silver, tra gli elettori Hillary Clinton avrebbe undici punti di vantaggio su Trump ma arriverebbe a ben trentatrè punti di vantaggio se alle urne andassero solo le elettrici. Se a votare fossero le donne, sostiene il Public Religion Research Institute Poll, Hillary Clinton batterebbe Donald Trump con un margine cosi ampio da non avere precedenti. La Clinton potrebbe contare su 458 voti elettorali contro gli 80 che andrebbero a Trump.

Poiché la storia non si fa con i “se” e con i “ma”, e a votare, per fortuna, vanno ancora tutti, uomini e donne, queste proiezioni servono solo a sfatare il pregiudizio secondo cui «le donne non votano le donne» o «Hillary sta antipatica alle elettrici. Come si vede, non è così. La Clinton simpatica non sarà, ma alla fine non si vota, o non si dovrebbe votare, per simpatia. Contano, o dovrebbero contare, i fatti.

IL FATTORE D
Tra i fatti da tenere presenti c’è che questa campagna elettorale cosi influenzata dal “fattore D” rimane comunque quella in cui le donne sono anche diventate il “target” dichiarato di insulti di ogni genere e tipo. Incoraggiati da Trump che prima di definire “nasty”, cattiva, Hillary aveva preso in giro la sua competitor repubblicana Carly Fiorina (Ma avete visto la sua faccia?), migliaia di “odiatori professionali” si sono scatenati su Twitter e Facebook, scegliendosi spesso una vittima donna. È successo per esempio a Julia Ioffe, una giornalista di Washington, colpevole, agli occhi dei “trumpisti”, per aver scritto un articolo su Melania Trump. L’articolo non era piaciuto alla ex modella e sui social media si è scatenata una vera e propria persecuzione contro la giornalista. Essendo ebrea, non sono mancati neppure riferimenti all’Olocausto.

IL SOTTINTESO
«Le donne hanno perfettamente capito cosa intendeva dire Donald Trump» ha risposto gelida Carly Fiorina quando, in un dibattito tra candidati repubblicani alla nomination, il conduttore le ricordò la dichiarazione di Trump. L’hanno capito e, pensiero sottinteso, non lo dimenticheranno. La repubblicana Fiorina non ha ovviamente mosso un dito per aiutare il tycoon di New York. E come lei molte repubblicane stavolta voteranno democratico. Non c’era forse la Millennial Barbara Bush, figlia dell’ex presidente George W, al party parigino a sostegno di Hillary Clinton?
Tra poco si saprà se alla Casa Bianca avremo una donna presidente o una first lady. Al di là del fatto che la first lady sarebbe Melania, quasi lo stereotipo della bella ragazza che si sposa bene, non sarebbe male, per una volta e finalmente, cambiare. Quanto al prossimo ticket, ci penseremo nel 2020.


 
Ultimo aggiornamento: 16:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA