Catalogna, aziende in fuga: «Meglio trasferirsi altrove»

Giovedì 5 Ottobre 2017 di Paola Del Vecchio
Catalogna, aziende in fuga: «Meglio trasferirsi altrove»
Da settimane l’instabilità in Catalogna tiene sulle spine il mondo economico e imprenditoriale spagnolo. E ieri ha cominciato a produrre i temuti contraccolpi su euro, debito sovrano e Borsa spagnola, sull’indice Ibex 35 delle aziende quotate. Che, dopo il referendum unilaterale di domenica, gli scontri e il successivo annuncio della prossima proclamazione della Repubblica Catalana, ha registrato perdite vicine al 3%. Si tema la fuga di aziende e banche dalla Catalogna in fiamme. Fra i pochi titoli ieri in positivo, alla chiusura, quello dell’impresa biotecnologica Oryzon, che lunedì aveva annunciato alla Commissione nazionale mercato valori, la Consob spagnola, il trasferimento della sua sede sociale da Barcellona a Madrid. E il suo esempio potrebbe essere seguito a ruota da multinazionali e aziende. Anche se giganti come Amazon, impegnato nella costruzione del più grande centro di logistica in Europa a Barcellona, per ora “aguantan”, resistono, incrociando le dita.

«PROTEGGERE I CLIENTI»
Caixabank, il più grande ente bancario catalano, presieduto da Jordi Gual Solé, martedì ha inviato una circolare interna agli impiegati, dove si assicurava che l’unico obiettivo del gruppo è «proteggere gli interessi dei suoi clienti, azionisti e impiegati, garantendo l’integrità dei depositi». Tanto è bastato perché i titoli crollassero ieri del 5%. Tribolazioni anche per il Banco Sabadell, l’altro grande gruppo catalano. Tanto che le banche spagnole hanno ricevuto una chiamata dalla Bce, preoccupata per la tensione in crescendo. Sebbene per ora non sia stato disposto alcun dispositivo di intervento speciale. Il presidente del Sabadell, Josep Oliu, ha assicurato che, a fronte della «inquietante» situazione politica, l’ente finanziario ha gli strumenti adeguati nell’ambito della Ue e del supervisore bancario europeo per proteggere gli interessi dei suoi clienti. «Se fosse necessario, si adotterebbero le misure sufficienti», ha rassicurato Oliu. E, nel tentativo di rassicurare i mercati, il ministro dell’economia Luis de Guindos, ha insistito: «I risparmiatori e i clienti delle banche catalane non hanno nulla da temere».

LO SPREAD
Ma, intanto, lo spread sul debito spagnolo, in maniera lenta ma inesorabile si va elevando, con la crescente instabilità, fino a toccare ieri quota 135.
Il timore che il separatismo apra in Catalogna una crisi con effetti dirompenti per l’economia spagnola e peggiori di quelli della Brexit, riguardano soprattutto le incognite aperte dalla possibile dichiarazione unilaterale di indipendenza. La preoccupazione è tale che, nel tentativo di gettare ponti alla Catalogna che volta le spalle, 1.500 imprenditori hanno aderito alla campagna conduttore #QuieroCorredor (“Voglio il corridoio”), presentata martedì a Madrid alla presenza dl gotha imprenditoriale, per rilanciare il progetto del Corridoio Mediterraneo, l’asse ferroviario di 1.300 km per il trasporto di merci e passeggeri, sul versante orientale della Spagna fino alla frontiera francese di Portbou, che la Catalogna rivendica da decenni. E il ministro delle infrastrutture, Iñigo de la Serna, ha confermato il «pieno e fermo impegno» del governo di Rajoy per il completamento e il finanziamento del programma. Nell’escalation di esibizione di muscoli fra il nazionalismo spagnolo e quello catalano, il mondo imprenditoriale teme possa aprirsi una spirale perversa – il boicottaggio dei prodotti catalani nel resto di Spagna e di quelli iberici in Catalogna – che avrebbe effetti devastanti sulla ripresa e la crescita sostenuta del Pil del sistema paese, attestata sul 3,2% la maggiore in Europa. «Molte delle imprese qui riunite hanno sedi in Catalogna, fabbriche, negozi, impiegati, clienti fornitori, famiglie. Chiediamo quanto prima ai politici di risolvere questa crisi e recuperare l’equilibrio sociale», lo sfogo di Ignacio Osborne, il presidente dell’Impresa Familiare, che in Spagna rappresenta il 90% del tessuto produttivo, davanti ai 500 industriali presenti al congresso nazionale. L’instabilità genera incertezza e questa frena lo sviluppo. E un importante danno collaterale della battaglia separatista potrebbe essere l’esclusione di Barcellona dalla competizione con 19 città per ospitare l’Agenzia di Europea per il farmaco, che lascerà il Regno Unito nel 2019 a causa del Brexit. Pur essendo fra le candidature più solide, la città di Gaudí, in caso di secessione, sarebbe automaticamente fuori dalla corsa.
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