Sergio, l'ultimo saluto al politico sognatore

Martedì 24 Gennaio 2017
Un silenzio irreale, rotto dalle note di Addio montagne, cantate dagli alpini del Coro Adunata. Una bara bianca che avanza tra due ali di folla. Sono le migliaia di persone che ieri hanno affollato il piazzale del cimitero di Castion, per l'ultimo saluto a Sergio Reolon. Un saluto commosso, sentito. All'amico, al conoscente, al presidente della Provincia, al consigliere regionale, al politico e al compagno di partito. Al funerale in rito civile (disposto secondo le precise volontà di Reolon) hanno preso parte diverse associazioni e molti sindaci del Bellunese, i vertici di Palazzo Piloni, e i dipendenti della Provincia. I tanti colleghi politici e amministratori dell'ex consigliere regionale. Ma anche tanti avversari del panorama politico, dal governatore del Veneto Luca Zaia, all'assessore Gianpaolo Bottacin, agli ex consiglieri Dario Bond e Matteo Toscani. Tutti attorno alla bara bianca e a quella fascia blu, simbolo della Provincia, distesa sopra il feretro. Tutti a ricordare le qualità dell'uomo e del politico. Consapevoli del vuoto che la scomparsa di Sergio Reolon lascia nel Bellunese e sulla scena politica. «Adesso nessuno avrà più l'alibi del tuo protagonismo - ha detto al termine di un intervento accoratissimo, Irma Visalli -. Ci hai insegnato tanto: dobbiamo spartirci il tuo testimone».
È toccato a Claudia Bettiol, la vice di Reolon alla presidenza della Provincia, il compito dell'orazione di ricordo. Tra le battaglie vinte e le sconfitte, tra la creazione di Unico Studenti e la lotta per la gestione del demanio idrico. «Sergio ha scritto pagine importanti della storia politica e amministrativa di questa provincia - ha detto Bettiol -. Ci ha insegnato che solo dal confronto nascono le buone idee. E questa sua eredità non andrà dispersa. Ha sognato tanto per la sua provincia, ora finalmente è libero di sognare sereno».
«Sorriso, coraggio e capacità di parlare con tutti: sono queste le caratteristiche di mio padre che ricorderò sempre - ha detto nell'orazione il figlio Emanuele -. È stato un montanaro civicus (termine utilizzato da Reolon nel suo libro Kill Heidi, ndr), ma io lo vedevo anche come un contadino, che coltivava idee. Ognuno di voi è stato il suo campo, in cui ha piantato un'idea, un'emozione. Per ricordarlo, coltivate quell'idea, quell'emozione».

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