«Rilascio immediato» Via libera dell'India al rimpatrio di Girone

Venerdì 27 Maggio 2016
Quattro anni e tre mesi sono trascorsi. E finalmente si è trovato un pacifico equilibrio tra le diplomazie di Roma e Nuova Delhi sulla vicenda dei marò che aveva messo in crisi i rapporti tra i due Paesi. Salvatore Girone, agli arresti domiciliari in ambasciata a Nuova Delhi, potrà rientrare in Italia, mentre Massimiliano Latorre, l'altro fuciliere, è a casa già dal settembre 2014, perché gli sono stati riconosciuti motivi di salute (prima un intervento al cuore, poi la convalescenza).
Per il rientro di Girone l'Italia aveva sollecitato una decisione dal Tribunale dell'Aja, che si è poi espresso il 29 aprile scorso venendo incontro alla richiesta di Roma. L'India ha aspettato ancora quasi un mese, poi ieri è stata resa nota la decisione della Corte Suprema di Nuova Delhi, che a Girone è stata comunicata con un sms del suo legale: «Ok, preparati, puoi tornare a casa!». Girone, che non può rilasciare interviste, ha diffuso solo un comunicato di ringraziamenti, e un «ancora non ci credo», che è il senso della sua contentezza.
La Corte ha autorizzato il rientro di Girone, ma con sette condizioni vincolanti. Una serie di impegni di controllo e di burocrazia, compreso il passaporto trattenuto e la firma in commissariato di polizia (ma questa volta italiano, e una sola volta al mese) che permettono all'India di mantenere il punto. Perché per Nuova Delhi, come per Roma, ci sono delle necessità di politica interna in cui non si vuole apparire parte soccombente. Girone firmerà un'impegnativa scritta in cui accetta l'autorità della Corte Suprema indiana. Il passaporto lo potrà consegnare alle autorità italiane, ed avrà la possibilità di espatriare ma solo con autorizzazione indiana. Non potrà contattare o influenzare i testimoni al processo, né inquinare le prove, a pena di revoca della libertà provvisoria. E anche l'ambasciata italiana si dovrà impegnare per scritto garantendo il rientro in India del marò in caso di richiesta della Corte e in caso di decisione in questo senso del Tribunale dell'Aja. La soluzione provvisoria alla vicenda, trascurata all'inizio, si è trovata chiedendo l'arbitrato internazionale.
I due fucilieri sono accusati di avere ucciso due pescatori indiani al largo delle coste dello stato indiano del Kerala. Girone e Latorre erano impegnati, con altri 4 marò, in servizio antipirateria su una petroliera. Un peschereccio sarebbe stato scambiato per una nave pirata. Gli italiani non negano di aver sparato, ma sostengono di aver sparato in aria. Fatto è che con un'astuzia (sono stati invitati a presentarsi al porto più vicino per un interrogatorio) i due marò sono stati arrestati.
La tesi italiana è che la tragedia si è svolta in acque internazionali, e quindi l'India non ha diritto a processare i due militari. Il punto di vista dell'India, comune a quello dell'Italia in situazioni simili (quando un soldato americano uccise Nicola Calipari a un check point in Iraq, Roma chiese invano agli Stati Uniti di poterlo processare), fu sottovalutato dalla Farnesina. E questo complicò le cose tra i due Paesi, nonostante Roma avesse pagato subito un risarcimento (che non era un'ammissione di responsabilità) alle famiglie dei due pescatori.
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