Morì, dopo essere stato abbandonato l'infermiere accusato andrà a processo

Mercoledì 13 Dicembre 2017
IL CASO
BELLUNO Inizierà il 18 maggio prossimo il processo all'infermiere 37enne del Pronto soccorso di Belluno accusato dell'omicidio colposo di Ferdinando Casanova. Era il 6 settembre 2016 quando, alla quarta volta in cui si presentava al pronto soccorso lamentando dolori al petto, Casanova, 75enne di Limana, veterano del Belluno, moriva per infarto. I quattro medici che trattarono il paziente finirono sotto inchiesta, ma la Procura archiviò le loro posizioni. Nell'inchiesta però venne iscritto un nuovo indagato: l'infermiere M.M. del San Martino di Belluno, che non avrebbe vigilato il paziente. Ieri mattina la sua posizione è approdata di fronte al gup Elisabetta Scolozzi di Belluno, dopo la richiesta del rinvio a giudizio formulata dal pm Simone Marcon. L'infermiere è difeso dallo studio Maurizio Paniz, che ha chiesto che l'uomo venisse prosciolto. La famiglia di Casanova era presente e si è affidata all'avvocato Martino Fogliato di Belluno, che ha formalizzato la costituzione di parte civile per uno dei figli e i nipotini dell'uomo. Non solo per vedere risarciti i danni patiti, ma più che altro come gesto nei confronti del nonno, a cui erano legatissimi. Ieri il pm ha insistito sulla richiesta del rinvio a giudizio: dopo una breve camera di consiglio il giudice ha fissato il processo per il 18 maggio 2018.
Era sabato 6 settembre 2016 quando Casanova venne trovato ormai in coma nell'Osservazione breve intensiva (Obi) del San Martino. Il primo accesso in ospedale avvenne a fine agosto 2016: entrò dicendo di avere dolore al petto. In tutti i 4 gli accessi venne trattato sempre dalla medesima dottoressa, che lo inviò alla cardiologia per le visite d'urgenza. «Fibrillazione atriale». «Problemi digestivi». Venne sempre dimesso. Secondo l'accusa la colpa di quella morte sarebbe dell'infermiere, che non avrebbe posto la corretta vigilanza sul paziente.
Resta aperto il contenzioso nei confronti di Usl: gli alti famigliari potrebbero infatti decidere di procedere con una causa civile contro l'azienda sanitaria. «Stupisce - aveva detto la famiglia recentemente - che in questa inchiesta che ci riguarda venga chiamata a rispondere un dipendente di turno quella sera in Pronto Soccorso e non anche il medico o i medici che quella sera avevano la responsabilità di quel reparto. Ma su questo non ci arrendiamo ed ancora tante cose verranno approfondite ancora in tutte le altre sedi civili, penali ed amministrative che la legge consente fino al Ministero della Santità».
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