Maestra scagionata, poi il pianto liberatorio

Martedì 20 Febbraio 2018
Maestra scagionata, poi il pianto liberatorio
LA SENTENZA
BELLUNO Assolta con formula piena «perché il fatto non sussiste». Dopo la lettura della sentenza, ieri mattina in Tribunale a Belluno, la maestra O.G., 58 anni di una elementare in un quartiere cittadino, si è commossa. Accanto a lei il suo avvocato Monica Barzon, che con il collega Mauro Gasperin difendeva l'imputata. Era finita alla sbarra per le accuse di abuso di mezzi di correzioni e lesioni aggravate a un piccolo alunno problematico. Si è sempre professata innocente: «Nessuna violenza, volevo solo proteggere il bambino e evitare che fuggisse in strada». Non si conoscono le ragioni dell'assoluzione, il giudice Angela Feletto si è presa 60 giorni per le motivazioni.
L'ACCUSA
Contro la maestra c'era la testimonianza di un carabiniere che quel giorno, il 5 febbraio 2016, era fuori dalla scuola, dove era andato a prendere il figlio. Spiegò che l'insegnante avrebbe messo le mani addosso al bambino, mentre lui cercava di uscire. Secondo il racconto del militare, che quel giorno era in borghese ma comunque pubblico ufficiale, l'insegnante lo avrebbe trascinato. Poi sarebbero caduti a terra in una specie di lotta e lei gli avrebbe messo il ginocchio sul costato per tenerlo fermo. E ancora: avrebbe messo le mani alle orecchie del bimbo e al collo per cercare di spostarlo. Il carabiniere disse: «Cosa sta facendo? Ma sta scherzando si alzi». «Ma è stato inutile - spiegò nella sua deposizione - è stato come se non mi avesse sentito. Ho estratto il tesserino e le ho intimato l'alt». Al termine del processo, alla scorsa udienza, il pm Sandra Rossi, ha chiesto la condanna a un anno di reclusione.
LA DIFESA
Assoluzione con formula piena invece l'unica richiesta pronunciata al termine dell'arringa difensiva. Gli avvocati hanno sempre sostenuto che la condotta della maestra era stata attuata per contenere il bimbo, che stava per uscire in strada. E già in precedenza era stato trovato solo in via Vittorio Veneto. «Non si vuole di sicuro criminalizzare il bimbo - venne detto nell'arringa -, tutta la nostra solidarietà a lui e la famiglia, ma nemmeno si può criminalizzare una maestra che ha agito solamente per salvaguardare la sua incolumità, con i mezzi che aveva». L'avvocato Barzon inoltre nell'arringa sottolineò come non vi fossero altri testimoni, oltre al pubblico ufficiale, che avessero visto ginocchia sul costato o le violenze descritte.
LA CONCLUSIONE
Ieri mattina il pm ha deciso di non replicare all'arringa difensiva che c'era stata nell'ultima udienza, non permettendo così nemmeno agli avvocati di tornare sulle loro ragioni. Nel processo anche la parte civile: i genitori del piccolo che si sono affidati all'avvocato Giuseppe Triolo. Avevano chiesto un risarcimento simbolico. Alla fine la sentenza pronunciata dal giudice e il pianto liberatorio della maestra. In caso di condanna avrebbe rischiato ripercussioni sul lavoro: dopo la denuncia venne aperto un procedimento disciplinare, che venne però subito archiviato. Non perse neanche un giorno di lavoro e non ebbe alcun tipo di sanzione. Ma una condanna penale, in una carriera quarantennale senza macchia, sarebbe stato un colpo troppo grande.
Olivia Bonetti
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