IL PROCESSO
BELLUNO Aveva chiesto un orario particolare, viste le esigenze famigliari,

Martedì 16 Gennaio 2018
IL PROCESSO
BELLUNO Aveva chiesto un orario particolare, viste le esigenze famigliari, don due rientri pomeridiani alla settimana. Peccato, però, che alcune volte addirittura non andasse nemmeno al lavoro, pur risultando presente. È quanto emerso ieri mattina nel processo che vede alla sbarra il poliziotto Michele Menestrina, 57enne residente a Longarone. L'agente, in servizio all'ufficio tecnico logistico in caserma Raniero in via Col di Lana, responsabile dell'armeria, deve rispondere di truffa falsità ideologica e abbandono del posto di lavoro. Qualora i reati contestati venissero provati rischia di venir rimosso dal suo posto di lavoro.
Secondo la ricostruzione della pubblica accusa, il poliziotto, in servizio all'ufficio logistico della Questura di Belluno, addetto alla sicurezza del deposito-magazzino delle armi, nell'estate 2015 avrebbe falsificato i fogli di presenza con orari diversi da quelli effettivamente svolti. Il processo è entrato nel vivo ieri mattina in Tribunale a Belluno quando, rispondendo alle domande del pm Simone Marcon i primi testi dell'accusa hanno ricostruito l'accaduto. Era presente anche l'imputato accanto ai suoi difensori dello studio dell'avvocato Paolo Patelmo.
A parlare per primo il dirigente della Digos, il vicequestore aggiunto Luca Fodarella. Sono stati proprio i suoi uomini, con indagini e gps installato sulla macchina del collega a indagare sul fatto, dopo la segnalazione del responsabile della sezione Ufficio tecnico logistico, l'ispettore capo Cristiano Faccin. «Gli uffici della questura sono dislocati in diverse strutture - ha spiegato Fodarella - e l'istruttore di tiro Menestrina si occupava essenzialmente delle armi, in quella di via Col di Lana, dove c'è anche l'armeria. I suoi orari erano dalla 7.30 alle 13.30, dal lunedì al venerdì, più due rientri settimanali, dalle 14 alle 17 il lunedì e il giovedì». Le presenze vengono puntualmente registrate su dei fogli firma, da autografare all'ingresso e all'uscita. Ma nel caso di Menestrina, qualcosa non tornava. «Era addetto alla sesta sezione ed era proprio di fronte al mio ufficio - ha spiegato Cristiano Faccin - e a maggio 2015 mi accorsi che a volte non era presente e segnalai la cosa». È così che emergono gli orari elastici che avrebbe osservato Menestrina: usciva alle 13, invece che alle 13.30, tornava alle 15.40 invece che alle 14 e se ne andava subito. Sono state quantificate così un totale di 33 ore e 27 minuti non lavorate, ma regolarmente pagate, perché segnate sul foglio presenze. Un danno di un migliaio di euro circa. Si torna in aula il 14 maggio.
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