Febbre da gioco: in un solo anno andati in fumo 260 milioni

Domenica 18 Novembre 2018
LA PIAGA
BELLUNO È una vera piaga che colpisce duro. Oltre 260 milioni di euro dei bellunesi sono finiti nelle slot machine, nel 2016. Su una popolazione di 203 mila abitanti significa 1282 euro l'anno a testa neonati compresi, 100 euro al giorno.
I DATI
L'infernale meccanismo della dipendenza dal gioco d'azzardo ingoia migliaia di persone ogni anno; si stima che oggi, in provincia, siano tra 2639 e 7714 i giocatori problematici e tra 1015 e 4466 quelli patologici. Eppure il Serd, da circa un anno, continua ad avere in cura appena settanta persone,
L'ESPERTO
«La puntina della punta dell'iceberg» commenta il direttore Alfio De Sandre. I dati sono emersi ieri, nel corso del convegno organizzato dal gruppo consiliare regionale della Lega Nord in sala Bianchi, Ludopatia: io non gioco, scommessa vincente!, a cui ha preso parte anche l'assessore regionale al sociale Manuela Lanzarin. Più dei numeri, ieri, hanno impressionato le testimonianze, le storie di chi ha passato l'inferno e ne sta uscendo. Paolo Bristot e Gianmarco De Pase, due ex giocatori ora in cura presso il Serd, ieri mattina si sono raccontati. Entrambi partecipano al gruppo di auto mutuo aiuto di Belluno, uno dei tre presenti in provincia.
LE TESTIMONIANZE
Le loro storie parlano di patrimoni ridotti all'osso, di solitudine, bugie e disagio.«Mi sono improvvisamente trovato vedovo e con una certa disponibilità economica racconta Bristot, 72 anni meccanico di Limana -. Dopo aver cresciuto i figli, aver investito nell'azienda e aver sistemato casa è arrivato il momento in cui potevo disporre dei soldi più liberamente, essendo libero da impegni. Così è iniziato tutto. Ho giocato per una decina d'anni quando già ero in pensione». Non ha mai stimato quanti soldi ha speso così, nella macchinetta del bar dove andava da anni e che da quando ha preso il vizio ha iniziato a frequentare assiduamente, quasi a ogni ora del giorno. È stata la figlia, intestataria con lui del conto in banca, a salvarlo. Controllando il patrimonio le sono saltati all'occhio i continui prelievi e, ha spinto il padre a confessare. «Ho iniziato a prometterle di smettere, ma non riuscivo racconta Bristot fino a quando, dopo una perdita molto più grossa delle altre lei ha preso in mano il telefono e ha digitato il numero del Serd». L'inizio è il resto del caffè giocato, per scherzo, alla slot. Per De Pase è andata così. Lui, nella ludopatia, c'è stato 5-6 anni. «Dipendenza per me ha significato raccontare bugie spiega e pensare costantemente al gioco, dormire poco e spendere molti soldi». Ogni tanto una puntatina alla sala slot, ma la gran parte delle giocate De Pase le compiva nel bar dove beveva il caffè. Quando si sedeva davanti alla macchinetta spegneva il cellulare, perché i famigliari non potessero disturbarlo e rimproverarlo. Oggi non sente più la tentazione. «Al bar entro solo per bere il caffè conclude e quando sento le monete di qualche vincita scendere non vado più a vedere chi ha giocato, è un grande passo in avanti».
Alessia Trentin
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