Scandalo Facebook Zuckerberg ammette «Abbiamo sbagliato» `

Giovedì 22 Marzo 2018
Scandalo Facebook Zuckerberg ammette «Abbiamo sbagliato» `
IL CASO
NEW YORK Dopo sei giorni di tempesta, Mark Zuckerberg ha ieri ammesso che la sua società «ha commesso degli errori». Scrivendo sulla sua pagina Facebook, Zuckerberg ha presentato un aggiornamento sullo scandalo del trafugamento dei dati di 50 milioni di utenti del suo social network. «Abbiamo la responsabilità di proteggere le vostre informazioni - ha ammesso il fondatore e amministratore delegato della società di Menlo Park - Stiamo lavorando per capire esattamente cosa sia successo e assicurarci che non accada mai più. Ma la buona notizia è che molte misure per prevenire tutto questo sono state già prese anni fa».
I QUESITI
Procuratori, avvocati, autorità di Stati e Paesi hanno di sicuro letto le dichiarazioni di Zuckerberg, ma insistono per vederlo e interrogarlo di persona. Intanto però il bisogno di chiarezza corre su due binari. Da una parte si vuole capire fino a che punto Facebook fosse consapevole che attraverso una app mascherata da test psicologico i dati di decine di milioni di utenti venivano risucchiati dagli analisti della Cambridge Analytica. Dall'altra, si vuole capire chi alla Cambridge Analytica abbia ideato il tranello e fino a che punto la società di analisi abbia violato le leggi sulla privacy.
Se Zuckerberg deve rispondere di Facebook, sulla CA cominciano a delinearsi possibili responsabilità di Steve Bannon, l'ideologo nazional-populista che è stato direttore della campagna di Donald Trump e poi suo consulente alla Casa Bianca fino alla scorsa estate. La gola profonda che ha rivelato lo scandalo dei profili trafugati, l'ex manager della CA Chris Wylie, ha sostenuto che Bannon ha avuto immenso potere alla CA sin da quando vi è entrato nel 2014, come vicepresidente.
Neanche il presidente della società, Alexander Nix, aveva più potere di Bannon, anche se quanto a spregiudicatezza forse lo ha poi battuto: Nix è stato sospeso due giorni fa, dopo che sono venute a galla registrazioni in cui si vantava del metodi illegali - mazzette, prostitute, spionaggio - adottati per aiutare le sorti dei suoi clienti danneggiandone i rivali.
Ad arricchire questo panorama di ombre, va ricordato che la Cambridge Analytica è una creatura dell'SCL Group, una società di consulenza piena di specialisti militari e di ex spie, che fino al 2013 ha collaborato direttamente con il ministero della Difesa britannico, ottenendo accesso a settori sensibili e informazioni riservate.
La trama di questo scandalo è dunque complicata e nelle sue pieghe - come sottolinea il garante per la privacy Antonello Soro - si nascondono gravi minacce per la nostra società poiché si è dimostrato che mandando «informazioni selettivamente orientate» si possono «condizionare i singoli comportamenti» e in tal modo «cambiare la natura della democrazia». Proprio questo era lo scopo di Bannon, dice Wylie: usare la tecnologia di Facebook per mandare «messaggi anti establishment». E a sentire Aleksander Kogan, il professore che ideò il test psicologico che risucchiava i dati degli utenti, «tutti sapevano tutto». Se ciò fosse vero, ci saranno ripercussioni gravissime. I titoli di Facebook hanno subito un grave contraccolpo, anche se ieri hanno cominciato a recuperare. Negli Usa ci sono già varie denunce sia degli azionisti di Facebook, che sono stati penalizzati dal contraccolpo in borsa, sia da un gruppo di utenti i cui dati sono stati cannibalizzati dal test psicologico.
LE SANZIONI
Ma su tutto incombe la scure terrificante della Ftc, la Federal trade commission, con la quale Facebook aveva firmato un accordo nel 2011 proprio sul tema del trasferimento di dati privati a terzi. Se la FTC dovesse confermare che Facebook ha violato l'accordo, potrebbe imporre una multa di 40mila dollari al giorno per ogni singola violazione: 40mila dollari al giorno per 50 milioni di violazioni per sette anni. Fate voi i calcoli.
Anna Guaita
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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