Pd, è tregua tra i leader Sulle intese di governo referendum tra gli iscritti

Sabato 17 Marzo 2018
Pd, è tregua tra i leader Sulle intese di governo referendum tra gli iscritti
IL CASO
ROMA Accordo fatto nel Pd sui nuovi capigruppo. A guidare i 112 deputati dem alla Camera sarà Lorenzo Guerini; suo pari grado per i 55 senatori a palazzo Madama sarà Andrea Marcucci. E' il primo, tangibile atto della conduzione pacificatoria di Maurizio Martina alla guida del partito, dal momento che il reggente in odore di elezione come segretario vero e proprio ha fatto del nuovo clima interno una delle sue bandiere.
Tra l'altra sera e ieri mattina si sono sentiti i maggiorenti dem che al momento reggono le fila del partito - Martina, Gentiloni, Orlando, Franceschini, Zanda, Rosato - si sono scambiati gli ultimi pareri e si è deciso di procedere con una accoppiata all'insegna dell'unità. I due prescelti non sono anti renziani, ma neanche pasdaran. Non sono di minoranza, godono piuttosto del consenso dei rispettivi gruppi, assicurano in sostanza una transizione morbida dal renzismo al post renzismo, senza essere contro l'ex segretario. L'intesa prevede anche i due vice: l'uscente Ettore Rosato alla Camera, e Franco Mirabelli al Senato. Tramontate le ipotesi di Minniti e Pinotti come vice nei rispetti rami del Parlamento.
INTESA IN RAGIONE DEI NUMERI
L'accordo maturava da giorni. Almeno da quando, fatti e rifatti i conti tra chi sta con chi nei nuovi gruppi parlamentari, si è capito che se Matteo Renzi non ha una maggioranza né schiacciante né sicura tra deputati e senatori, tuttavia non è neanche all'angolo, e men che meno tutti i non renziani sono riusciti a fare fronte su candidati in grado poi di avere il consenso nell'urna. Esce a suo modo rafforzato anche Martina, che in un Pd tuttora alle prese con la sberla elettorale è riuscito al momento a tracciare una linea che sta incontrando il favore di un po' tutti. Una linea di pacificazione e di ascolto.
Il reggente non si muove su un solco di azzeramento dell'esperienza precedente, giudica positivi i quattro anni di governi del Pd e di leadership renziana («senza Renzi l'argine del Pd sarebbe crollato quattro anni prima»), e indica al partito la strada dell'ascolto, lanciando l'idea di procedere con referendum tra gli iscritti sulle questioni più importanti, come ad esempio la scelta o meno di appoggiare governi non espressione del Pd.
Per alcuni è un segnale positivo per far tornare base e iscritti a contare, per altri un modo di lavarsi le mani di fronte a scelte che competono al vertice. Ma tant'è, al momento prevale l'interpretazione di una attitudine completamente diversa rispetto alla leaderhip renziana.
«ASCOLTO RECIPROCO»
Sempre in materia di ascolto e pacificazione interna, Martina sarà al convegno dell'area Cuperlo in programma per oggi, al quale parteciperanno anche Calenda e Orlando. Sul terreno politico generale, Martina e gli altri big restano attestati sulla linea del «siamo incompatibili con il M5S», ma allo stesso tempo «pronti alla massima condivisione per le scelte dei presidenti delle Camere e per quanto proporrà il presidente Mattarella». Tradotto: il Pd potrebbe votare per il leghista Giorgetti a Montecitorio e per il forzista Romani a palazzo Madama, ma non si capisce che atteggiamento terrà qualora per la Camera si arrivasse a un candidato cinquestelle, come è molto probabile che i vincenti grillini faranno. «La nostra linea in questa fase è collocare mine qua e là per intralciare i disegni di Di Maio e Salvini, che secondo noi hanno già chiuso l'accordo tra di loro», spiegano ai piani alti dei gruppi parlamentari dem.
Nino Bertoloni Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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