Mose, aziende pronte a patteggiare

Martedì 27 Giugno 2017
Mose, aziende pronte a patteggiare
Stanno pensando al patteggiamento gran parte delle aziende coinvolte nello scandalo Mose, ora chiamate a rispondere in sede penale dei comportamenti illeciti dei rispettivi dirigenti, ai sensi della legge 231 del 2001. L'udienza preliminare è fissata per questa mattina e, nelle scorse settimane, sono proseguiti i contatti tra i difensori e il sostituto procuratore Stefano Ancilotto, alla ricerca di un possibile accordo che consenta alla Procura di chiudere senza trascinarsi in un lungo processo e alle società di limitare le perdite: rischiano infatti pesanti sanzioni economiche, ma anche la possibile chiusura o il divieto di tenere rapporti con la pubblica amministrazione (e dunque di gestire appalti pubblici) per certo lasso di tempo.
Per il momento nessun accordo sarebbe stato ancora definito e l'appuntamento di questa mattina si dovrebbe limitare alla costituzione delle parti: oltre alle otto società per cui la Procura sollecita il rinvio a giudizio, chiederanno probabilmente di costituirsi parte civile la Regione Veneto e il ministero delle Infrastrutture. Poi l'udienza dovrebbe essere rinviata a settembre, anche per attendere la sentenza del processo che vede sul banco degli imputati, tra gli altri, l'ex ministro Altero Matteoli (accusato di corruzione), l'ex presidente del Consiglio regionale del Veneto, Lia Sartori, e l'ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni (entrambi imputati di finanziamento illecito). Per giovedì mattina è attesa la requisitoria della pubblica accusa, e dunque le probabili richieste di condanna che i pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini chiederanno per tutti gli otto imputati.
L'unica società che ha escluso categoricamente di voler cercare un patteggiamento è il Consorzio Venezia Nuova (CVN) che, attraverso i commissari nominati dal Governo, si è anche costituito parte civile al processo contro Matteoli e Orsoni, sostenendo di essere stato gravemente danneggiato dal comportamento tenuto dal suo ex presidente, Giovanni Mazzacurati.
Oltre al CVN, le altre società finite sotto accusa sono la Mantovani costruzioni di Padova, Adria Infrastrutture di Mestre, i colossi romani Grandi lavori Fincosit e Società italiana per Condotte d'acqua (da tutti conosciuta semplicemente come Condotte), la Cooperativa San Martino e la Nuova Coedmar, entrambe di Chioggia, e la padovana Technostudio, dell'architetto che curò i restauri della villa dell'allora presidente della Regione, Giancarlo Galan.
Nel 2015, la Procura ha chiesto e ottenuto nei confronti delle società il sequestro di ingenti somme di denaro - complessivamente 8 milioni di euro - a garanzia di eventuali risarcimenti di cui potrebbero essere chiamate a rispondere: il Tribunale del riesame ha annullato, per ben due volte, quelli a carico di CVN e Tecnostudio (avvocati Paola Bosio, Filippo Sgubbi e Giovanni Chiello), le uniche due che hanno fatto ricorso contestando il metodo di calcolo delle somme sottoposte a sequestro.
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