«Lo stop alla Tav frenerà l'export e ridurrà la credibilità in Europa»

Lunedì 21 Maggio 2018
«Lo stop alla Tav frenerà l'export e ridurrà la credibilità in Europa»
ROMA È una questione di «buon senso», oltre che di «credibilità in Europa». La Tav «si deve fare e anche in fretta». Perchè «è fondamentale poter garantire l'efficienza di un sistema di scambi ambientalmente accettabile tra l'Italia e un'area così cruciale per l'export». Mario Virano, direttore generale di Telt, la società italo francese promotore pubblico responsabile dei lavori della sezione transfrontaliera del collegamento ferroviario Torino-Lione, di «inutilità» dell'opera non vuole nemmeno sentirne parlare. Anzi sorride.
Da vent'anni, nonostante i muri no-Tav, si parla di un'infrastruttura cruciale per l'Ue e per la centralità dell'Italia nello sviluppo. Ora Luigi Di Maio liquida la Tav come inutile e superata. È così?
«Parlare di un ciclo di vita di trent'anni vuol dire non avere compreso la rilevanza dell'opera. Non c'è aggancio reale visto che oggi per utilizzare quella direttrice facciamo salire i treni, necessariamente corti e non di ultima generazione, fino a 1.300 metri di altezza e li facciamo passare da un tunnel del 1871 progettato da Cavour, con un'unica canna, senza uscite di sicurezza, e per questo con grossi limiti di transito. Eppure questa direttrice ha potenzialità enormi».
Qual è interscambio in gioco?
«L'asse Italia-Francia non è mai sceso sotto i 75 miliardi all'anno anche dopo la crisi del 2009. Mentre verso il più esteso quadrante occidentale Ue che comprende la Spagna, l'interscambio vale addirittura 150 miliardi, dietro la Germania. Ma il saldo attivo delle esportazioni potrebbe davvero lievitare. Nello stesso tempo si ridurrebbe drasticamente il transito delle merci su strada, come richiesto tra l'altro dalla Convenzione internazionale alpina firmata anche dall'Italia».
E se si fermano i lavori?
«Ad oggi il 93% delle merci transitano su strada perchè banalmente, i treni moderni sono competitivi solo se vanno in pianura e passano da un tunnel di base. Se non si realizza, il Frejus sarebbe l'unico dei 7 tunnel di base delle Alpi ad essere bloccato. Vuol dire rinunciare al modello Svizzera, che grazie a due tunnel realizzati interamente con risorse proprie riesce a trasportare su ferrovia il 70% delle merci (circa 40 milioni di tonnellate all'anno e più o meno quelle che passano tra Italia e Francia) e si propone di dimezzare ulteriormente il transito dei Tir oggi intorno a 70 mila unità. In Italia attraversano le Alpi circa 3 milioni di Tir e se non si realizza la Tav sono destinati anche a raddoppiare.
Eppure i Cinquestelle dicono che la ferrovia storica è ben lontana dalla saturazione: non c'è così tanta domanda.
«Non ha senso logico questa posizione: passa da lì solo il 7% del traffico perchè quello reale non può proprio passare visto che gli standard non sono garantiti».
Quanto costa dunque una marcia indietro?
«La Torino-Lione è un pezzo cruciale del corridoio mediterraneo di 3.000 kilometri, considerato il più strategico dall'Ue e che lega tra loro sette corridoi nord-sud. Non solo. Serve il 18% della popolazione Ue ed è al servizio del 17% del Pil europeo.
L'effetto sul Pil Italiano?
«Certi studi parlano di un danno Italia-Francia da 30 miliardi».
E' vero che bisognerebbe rimborsare a Francia e Ue oltre 2 miliardi, su un costo totale per il nostro Paese di 2,9 miliardi?
«Chiudere i cantieri avrebbe un costo pari all'incirca alla realizzazione dell'opera. ma così si rinuncerebbe a un vero salto di qualità nelle relazioni internazionali. Attenzione poi a sottovalutare la perdita di credibilità in Europa, che ha già stanziato quasi un miliardo».
Roberta Amoruso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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