LA GIORNATA
ROMA «Conte? Uno che ha fatto danni all'establishment».

Martedì 22 Maggio 2018
LA GIORNATA
ROMA «Conte? Uno che ha fatto danni all'establishment». Così Luigi Di Maio presenta Giuseppe Conte che secondo lui sarà «sarà un premier politico di un governo politico, indicato da due forze politiche, con figure politiche al proprio interno». È lui il nome proposto a Sergio Mattarella dalla delegazione pentastellata e da quella leghista. Ma attenzione, il vero leader è il programma, dice poi Di Maio. Conte dovrà superare il vaglio del Quirinale. «Ma ha i requisiti per essere accettato», sottolinea il leader M5S. «Mi auguro che nei prossimi giorni, la prossima settimana si possa partire», ha detto. La prossima settimana sarà anche importante dal punto di vista dei contatti internazionali: Steve Bannon, l'ideologo del suprematismo bianco che ha portato Trump alla Casa Bianca sarà in Italia per incontrare Matteo Salvini.
Il Capo dello Stato ha deciso di non procedere subito con il conferimento dell'incarico ma di convocare al Quirinale per stamattina i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati. Il Presidente dunque frena l'entusiasmo profuso dai due partiti e si prende tempo.
Salvini trabocca di gioia. Sarà un governo «di speranza, di crescita e futuro. Al centro metterà gli italiani». All'estero «non hanno niente di cui preoccuparsi: il governo di cui faremo parte vuole far crescere e ripartire l'Italia». Frasi fotocopia da parte di Di Maio: «A chi ci critica dall'estero dico: fateci partire prima. Poi ci criticate, ma almeno fateci partire». Poi per fare una diretta su Facebook il leader del Carroccio sale sul tetto di Montecitorio subito dopo aver parlato con il presidente e con i cronisti in piazza. Entrambi i leader riveleranno solo in piazza il nome di Conte, e non durante la rituale conferenza stampa. La disintermediazione è massima: il palazzo, che hanno conquistato, rimane nella loro narrazione un luogo opaco o comunque secondario. Ieri c'era persino chi notava la scomparsa di un sedile adiacente ai gruppi parlamentari dove in queste settimane i cronisti aspettavano i componenti del tavolo che ha stilato il contratto. «Perché va bene tutto, comunicare con il Quirinale e i giornalisti ma la mia testa è con voi, e voi insieme a me sarete i vigilantes, i controllori», dice Salvini guardando il telefonino con lo sfondo di tetti romani.
Quando Di Maio e Salvini sono usciti dalle consultazioni hanno magnificato il contratto di governo che offre ancora molti margini elettorali ma soprattutto fa emergere i ministeri che andranno all'uno e all'altro. Lavoro, Ambiente, rapporti con l'Europa, Scuola, Infrastrutture al Movimento. «Ci sono le Cinque stelle, e tante soluzioni alle sofferenze degli italiani», dice Di Maio. Mentre Interno, Sanità, e Difesa, Disabili e Famiglia, Salvini, li vorrebbe in quota Lega: «Senza un lavoro stabile non c'è prospettiva, famiglia, figli. Non è possibile che il 20% degli italiani usi psicofarmaci, spesso per mancanza di speranza, fiducia, prospettive», dice.
IL PARADOSSO
Conte è «un nome che può portare avanti il contratto di governo», spiega Di Maio che, prudente, non parla più di esecutore. Conte non ha mai avuto esperienze amministrative. Guido Crosetto, che era in pole per il dicastero della Difesa, è perentorio: «Non lo conosco, vedremo». Giorgia Meloni oggi riunirà i suoi dirigenti: i rapporti con Salvini sono piuttosto freddi: «Ha fatto tutto da solo», dicono. Anna Maria Bernini, capogruppo Fi, promette opposizione e svela il paradosso: Conte non è un politico a tutto tondo, ma un tecnico. E quindi è una scelta inaspettata perché è tutto quello che Lega e Movimento non volevano «dopo avere in passato fortemente stigmatizzato premiership tecniche modello Monti». «Qualora il Capo dello Stato nominasse presidente Conte, saremmo di fronte a un rispettabile tecnico, esecutore di un programma scritto da altri, che dovrà determinare l'azione di governo ed amministrativa di un esecutivo politico».
Stefania Piras
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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