L'INTERVISTA
NOALE (VENEZIA) «Molestie? Nello sport è diverso. La violenza

Venerdì 3 Novembre 2017
L'INTERVISTA
NOALE (VENEZIA) «Molestie? Nello sport è diverso. La violenza che devo sopportare io è di un altro tipo, e avviene fuori dalla piscina». È il momento dei me too, del fuoco incrociato e delle accuse che, partito dal mondo dello spettacolo per poi travolgere anche quello della politica, sembra destinato ad andare oltre. Federica Pellegrini descrive il suo di mondo, quello dello sport, che sotto questo aspetto le appare invece quasi privilegiato. E mentre celebrità crollano sotto il peso delle accuse, vedendo bruciare in un attimo decenni di carriera, e donne di tutto il mondo sembrano intenzionate a prendere esempio dalle star, rendendo pubblico ogni caso di molestia subita anche a distanza di anni, la Divina di Spinea si schiera: «Hanno fatto bene. Bisogna trovare la forza di denunciare».
È ai margini della consegna di un premio, il Paul Harris Fellow del Rotary Noale dei Tempesta (che, come se ne avesse bisogno, le frutta altri due record: quello di unica donna premiata dal club veneziano e della persona più giovane a cui, in tutto il mondo, sia mai stato assegnato il massimo riconoscimento rotariano) che la campionessa interviene sul tema del momento. Una questione su cui in qualche modo aveva già preso posizione nel 2012, nel ruolo di testimonial della campagna della Fondazione Doppia Difesa, creata da Michelle Hunziker e Giulia Buongiorno per sostenere le donne vittime di stalking e reati contro la persona. E confessa, premettendo «le dovute proporzioni», di sentirsi vittima di un altro tipo di molestia, che non avviene in privato ma è sotto gli occhi di tutti, e compare tra i commenti e le reazioni social, sotto ogni notizia che la riguarda, che segue ogni sua dichiarazione pubblica, ogni piccola sconfitta e, per assurdo, anche ogni clamorosa vittoria, celata tra migliaia di complimenti.
Le accuse di molestie si moltiplicano. È uno scandalo destinato a travolgere anche il mondo dello sport?
«Io per fortuna non ho il mio me too. Vicende simili, in tanti anni, a me non sono mai capitate. Conosco ragazze che, anche nel nuoto, hanno avuto esperienze negative ma è veramente raro: in generale credo che nel mio ambiente sia diverso. Lo sport è per sua natura un mondo in cui a prevalere sono altri valori, non può essere il ricatto il sistema che manda avanti le cose. Il problema per noi donne, se c'è, è fuori da quel mondo».
Ti riferisci a quello dei social network? (di recente Federica, dopo un botta e risposta social tra nuotatori, ha minacciato querele per le insinuazioni sessiste pubblicate dal figlio del suo ex allenatore).
«Non voglio fare paragoni, sia chiaro, ma nel mio caso la violenza contro cui devo combattere è un'altra, quella verbale. Ogni giorno mi ritrovo a leggere le parole di chi vomita tutto il suo odio sui social, e anche questo non fa stare bene. È certamente meno grave ma è comunque difficile, per una donna, restare indifferenti al fatto di doversi confrontare continuamente con tutto questo».
Da dove arriva questo odio?
«Non ho una spiegazione. È un odio che nasce dietro un monitor, da persone che diventano leoni solo con la tastiera. Si sentono protetti e intoccabili, con i loro profili virtuali. Prima mi insultano e scrivono cose di una cattiveria incredibile e poi li trovo per strada e mi fanno i complimenti, magari chiedendo un autografo».
Sei stata testimonial di una campagna contro la violenza sulle donne, pensi di mobilitarti anche su questo tema?
«Di certo siamo andati oltre, bisogna fare qualcosa anche per regolare il mondo dei social, in cui certe persone si muovono incontrollate. Quello che io posso consigliare, per ora, è di denunciare anche questo tipo di violenza, di non sottovalutare le conseguenze che possono avere l'odio e la cattiveria verbali e virtuali».
A proposito della necessità di denunciare, cosa pensi invece di chi accusa le donne dello spettacolo di averlo fatto troppo tardi? Qualcuno ritiene che non siano (del tutto) vittime e che abbiano taciuto per ragioni di opportunità.
«Non sono d'accordo. Parliamo del caso di Asia Argento? Sono comprensibili i motivi che l'hanno spinta ad aspettare. Probabilmente aveva paura di trovarsi da sola contro un impero enorme come quello di Hollywood. Sapere di non essere l'unica ad aver vissuto una simile esperienza e di poter condurre una battaglia insieme ad altre persone aiuta a trovare il coraggio di denunciare. Non penso che ci siano delle tempistiche da rispettare, la questione è molto delicata e totalmente soggettiva: ci sono persone che trovano subito la forza di reagire a una violenza e altre che, anche per piccole cose, tendono a soffrire in silenzio e a tenere dentro tutto. Sono certamente vicende diverse da quelle capitate a me, ma il messaggio da mandare è lo stesso: non siamo sole, dobbiamo trovare il coraggio di denunciare».
Melody Fusaro
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