IL RITRATTO
VENEZIA Si fa chiamare o lo chiamano Denny, oppure Vitello oppure

Mercoledì 14 Marzo 2018
IL RITRATTO
VENEZIA Si fa chiamare o lo chiamano Denny, oppure Vitello oppure Bovino. Alias dietro cui si nasconde Antonino Vadalà assurto di recente alle cronache per essere stato arrestato e poi rilasciato in Slovacchia nell'ambito delle indagini per l'omicidio a Ján Kuciak, il giovane cronista slovacco ucciso insieme alla fidanzata Martina Kunírová lo scorso 25 febbraio nella sua abitazione di Veká Maa, nel distretto di Galanta. Ieri è finito di nuovo in carcere nell'ambito della maxi-inchiesta antidroga del Gico di Venezia, coordinato dalla pm della Direzione distrettuale antimafia lagunare Paola Tonini.
LE MANETTE
Vadalà, reggino di Bova Marina, classe 1975, iscritto all'Aire del distretto slovacco di Trebisov, si è visto stringere le manette ai polsi grazie a un'azione congiunta di EuroJust - l'organo di cooperazione giudiziaria dell'Unione Europea con sede a L'Aia che ha competenza per le indagini riguardanti almeno due stati Ue relative a gravi forme di criminalità - e delle autorità slovacche. Le contestazioni a suo carico sono in particolare di riciclaggio auto riciclaggio per aver creato insieme ad altri componenti della banda di matrice ndranghetista dei canali commerciali leciti da utilizzare per l'importazione di cocaina dal Sudamerica. Lo spiega il tenente colonnello Gianluca Campana, comandante del Nucleo di Polizia tributaria della Finanza di Venezia: «Vadalà era fra coloro che garantivano i soldi per acquistare oltreoceano grosse partite di frutta o di pesce al cui interno veniva nascosta la droga che entrava in Italia attraverso i porti di Livorno e di Marghera. E spesso, la merce deperibile, una volta ripulita veniva dirottata in Slovacchia per essere venduta al dettaglio attraverso le aziende dello stesso Vadalà».
IL GIORNALISTA
L'ultima inchiesta giornalistica di Kuciak riguardava proprio il calabrese Vadalà. Ne faceva il ritratto di un imprenditore spregiudicato e contiguo alla ndrangheta, titolare di imprese agricole e commerciali. A colpire era l'alto tenore di vita che ostentava con arroganza: la Lamborghini bianca, le giovani donne al fianco, le cene nei ristoranti esclusivi di Bratislava, le frequentazioni assidue al Casinò Reduta dove alla roulette si permetteva il lusso di scialare decine di migliaia di euro. Vadalà da un lato vantava strette parentele con ambienti della criminalità organizzata calabrese - leggi ndrangheta - e dall'altro amicizie altolocate nel mondo della politica slovacca. Fra queste ci sarebbe addirittura il premier Robert Fico: curiosa la coincidenza che la sua segretaria Mária Troková sia socia nella Gia Mangement di Vadalà. E guarda caso in questi giorni, dopo le dimissioni del ministro degli Interni si rischia una crisi di governo.
LA FAMIGLIA
Antonino è cugino di Salvatore Vadalà affiliato alla cosca loacle Talia-Rodà di Bova Marina ed è genero di Diego Rodà, che Attilio Vittorio Violi, che la pm Tonini qualifica essere il referente dei calabresi in Veneto e Friuli, indica come uno dei capi della cosca di Bova Marina. Ma anche il padre e il fratello ricoprono ruoli non secondari nelle ndrine della Jonica. In un interrogatorio l'indagato Antonio Femia, al quale Vadalà aveva garantito la latitanza, afferma che in Slovacchia si poteva contare sui considerevoli contatti di Antonino grazie ai ganci con i gendarmi e alla facilità di procurare documenti d'identità falsi. Vadalà dagli inquirenti veneziani è intercettato fin dal 2014 nell'operazione Picciotteria che porta al sequestro di quasi mezzo quintale di cocaina e all'arresto fra gli altri del mamasantissima Santo Morabito e del suo fido Violi. Determinate il ruolo dell'agente sotto copertura delle Fiamme Gialle.
Monica Andolfatto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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