IL RETROSCENA
ROMA «La solidarietà deve essere reale e riguardare anche

Giovedì 21 Giugno 2018
IL RETROSCENA
ROMA «La solidarietà deve essere reale e riguardare anche i ricollocamenti». La sponda di Sergio Mattarella al governo di Giuseppe Conte non è mancata anche stavolta ed è stato Donald Tusk - ieri al Quirinale - a raccogliere l'invito del presidente della Repubblica a mettere «un po' di solidarietà in più» nel piano migranti della Ue. Il capo dello Stato ha dichiarato che «l'Italia si conforma alle norme del diritto internazionale relative all'accoglienza di coloro che hanno diritto a protezione».
NO AGLI ULTIMATUM
Niente contrapposizioni inutili e toni ultimativi: Conte ottiene dal Quirinale quell'utilissimo supporto sperimentato già pochi giorni fa in occasione dello scontro con la Francia di Macron. L'oggetto della contesa, i migranti, non cambia, ma ancora una volta il Quirinale sostiene non solo la posizione dura che il governo ha assunto nei confronti della bozza Ue, ma anche il lavoro che il premier Conte e il ministro degli Esteri Moavero stanno facendo con i colleghi europei per trovare una soluzione che tenga conto del carico che sopporta l'Italia e delle ragioni che tendono comunque a preservare le fondamenta dell'Unione. Nei colloqui che Conte ha avuto prima con Macron, poi con la Merkel e ieri con Tusk, il premier pensava di aver colto più di un'attenzione per il problema dei ricollocamenti dei migranti che Austria e Germania intendono effettuare ai danni del «paese di primo approdo», come recita il trattato di Dublino. Bene quindi gli impegni necessari per frenare se non impedire nuove partenze, ma niente ricollocamenti come invece si legge nella bozza messa a punto dalla presidenza bulgara e che sembra venire troppo incontro alle pretese del ministro dell'Interno bavarese Seehofer e alle paure della Merkel di perdere l'appoggio della Csu.
Al di là dei toni da sfondamento del responsabile del Viminale, resta - al termine della riunione che si è tenuta ieri pomeriggio a palazzo Chigi - l'immagine di un Paese e di un governo unito nel chiedere a Bruxelles e ai Ventisei che il Consiglio Ue di fine mese trovi una soluzione agli sbarchi che non penalizzi l'Italia e la sua posizione geografica. Una compattezza e una collegialità - quella mostrata ieri dal premier Conte con i ministri Di Maio, Salvini e Moavero e sostenuta dal Colle - che rifugge però anche dal voler collocare l'Italia in contesti di alleanze improprie e certamente controproducenti sia con leader nazionalisti di Visegrad sia con i paesi guidati da esecutivi a forte spinta antieuropea come l'Austria di Kurtz.
Del resto intenzione dell'Italia è sempre stata quella di portare una bozza di accordo che avesse una base di contrattazione molto chiara: considerare il Sud d'Italia come una vera frontiera europea. Punto di arrivo, di identificazione rapida e poi di distribuzione nei vari stati Ue.
In cambio il Viminale avrebbe rispettato quanto richiesto dall'Europa, ovvero l'apertura di un maggior numero di Centri per il rimpatrio, dove velocizzare le procedure di identificazione, e anche tempi molto più rapidi nella valutazione delle pratiche di asilo. Succede, infatti, che chi chiede protezione e non l'ottiene, rallenti i tempi del rimpatrio con una nuova richiesta, rimanendo molto spesso in circolazione senza una reale dimora. Salvini ha affidato ai tecnici del suo ministero il compito di mettere mano alla normativa per accelerare questi tempi. Inoltre c'è anche la volontà di rivedere i tempi di permanenza nei Cpr: dai tre mesi di adesso a sei mesi. L'apertura che sembrava arrivare dall'Europa, però, si è bruscamente ridimensionata con la bozza di ieri, tanto da fare dire a Salvini: «Ridurremo i fondi, visto che ne diamo tanti». Quindi, nessuna possibilità di apertura se non verranno rafforzate le frontiere esterne e i richiedenti asilo non verranno ridistribuiti, così come previsto. Con una conseguenza possibile e tutta da valutare, che l'Italia rischi l'isolamento e si veda costretta ad adottare metodi estremi, come chiudere Schengen.
LE REGOLE
Nel frattempo l'Europa pensa di convincere gli stati interessati mettendo sul piatto, come contro offerta, molti soldi per il Fondo fiduciario per l'Africa, un potenziamento di Frontex per i rimpatri, controlli sui treni, sui bus e negli aeroporti, oltre a uno schema di sbarchi dei migranti salvati in mare dagli europei nei porti dell'Africa del Nord. Salvini però lascia intendere bene il piano quando risponde sui blocchi navali al largo delle coste del nord Africa. E' un'opzione in campo? «Sicuramente l'Ue potrà usare più uomini e mezzi nel Mediterraneo dice - in questo momento l'operazione europea Themis conta su 32 navi, di cui 30 italiane. Non capisco cosa ci sia di europeo. L'Europa deve spendere meglio e di più per difendere le frontiere esterne. Lo si fa in Turchia, perché non nel Mediterraneo? Anche il governo austriaco sta lavorando a una proposta per proteggere meglio le frontiere».
Cristiana Mangani
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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