IL CASO
CITTÀ DEL VATICANO Quello che ormai è conosciuto come il «Letteragate»

Giovedì 22 Marzo 2018
IL CASO
CITTÀ DEL VATICANO Quello che ormai è conosciuto come il «Letteragate» è arrivato al capolinea con le dimissioni di monsignor Dario Viganò. Papa Francesco - «non senza qualche fatica» - ha dovuto formalmente prendere atto che il pasticcio mediatico innescato dalla lettera di Papa Ratzinger diffusa parzialmente la scorsa settimana per fare propaganda al pontificato in corso, stava facendo danni su danni in tutto il mondo. Una specie di bomba a grappolo. Minando alla base la fiducia dell'opinione pubblica cattolica nella istituzione Chiesa. Cosa senz'altro deleteria in tempi di fake news.
Come avrebbe potuto ancora la Segreteria per la Comunicazione affrontare temi legati all'etica dopo quello che era affiorato così smaccatamente? Bergoglio si è trovato con le spalle al muro. Non aveva altra scelta. E' stato così costretto a sacrificare uno dei suoi più stretti collaboratori al quale aveva affidato, due anni fa, la riforma magna del comparto mediatico. Da diversi giorni il Vaticano era sotto pressione per la diffusione di un testo «sbianchettato» (e per giunta corredato di una fotografia taroccata «ad arte»). Viganò, in sintesi, è responsabile di avere nascosto alcune parti del testo che, se lette integralmente, sarebbero andate a stravolgere il significato iniziale dell'endorsement.
SUCCESSORE
Il posto ora resterà vacante fino alla nomina del nuovo capo del super dicastero da dove si controllano la Radio Vaticana, l'Osservatore Romano, il Centro Televisivo Vaticano e la Sala stampa. Il Papa (che non ha mai nascosto un sincero affetto per don Viganò) gli ha però chiesto di proseguire in altra veste il lavoro iniziato restando in forze come Assessore, una carica pensata appositamente per lui e per risolvere l'impasse. In questo modo le redini passano al successore che dovrebbe essere nominato a stretto giro (si vocifera sia monsignor Paul Tighe, veterano del settore, attualmente parcheggiato in un pontificio consiglio) e al quale Viganò non farà di certo mancare contributi e consigli sul percorso della riforma mediatica finora fatta, vale a dire un cambiamento strategico «voluto dal Consiglio dei Cardinali» all'inizio del 2013 e, naturalmente, approvato dal Papa. I maligni già insinuano che in questo modo Viganò continuerà a fare quello che finora ha fatto, ma in altra veste.
POSIZIONE INSOSTENIBILE
Di fatto la posizione da prefetto della Segreteria della Comunicazione, alla luce di quanto è accaduto, era diventata per lui oggettivamente insostenibile. Don Dario nella sua lettera di dimissioni ha cercato di riassumere gli eventi. «In questi ultimi giorni si sono sollevate molte polemiche circa il mio operato che, al di là delle intenzioni, destabilizza il complesso e grande lavoro di riforma che mi è stato affidato».
Il caso era scoppiato in occasione della presentazione di una collana di libri sulla teologia del pontificato in corso. In quella occasione era stata diffusa la lettera fake. Sono seguiti imbarazzi, smentite, silenzi fino alla pubblicazione dell'integrale, mettendo in serie difficoltà lo stesso Papa Francesco e il Papa emerito. Entrambi si sono trovati a gestire una crisi di immagine inaudita. Le dimissioni non potevano che essere l'epilogo naturale.
Franca Giansoldati
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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