Omicidio di Giulia Cecchettin. Cosa fa Filippo Turetta in carcere? Muto e disorientato: «Per lui nessun privilegio»

Sabato 13 Gennaio 2024 di Angela Pederiva
Filippo Turetta

Dalla nostra inviata

VERONA - Splende il sole d’inverno sul carcere di Montorio Veronese. Ma quella luce fatica a filtrare nella cella spoglia della sezione infermeria, un letto a castello e il bagno a parte, dov’è recluso ormai da sette settimane Filippo Turetta. Il viso sbarbato e provato, lo sguardo perso in un impenetrabile silenzio, il 22enne di Torreglia che ha confessato di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin lo scorso 11 novembre tra Vigonovo e Fossò, assiste con apparente distacco alla visita istituzionale nel penitenziario scaligero. «Altro che PlayStation: il ragazzo non ha mai giocato una sola volta al videogame, ha ben altro a cui pensare», riferisce chi l’ha incontrato in questo periodo di custodia cautelare per le accuse di sequestro di persona, omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere.


TRATTAMENTO
Durante il giro nelle varie palazzine dell’istituto, il sottosegretario Andrea Ostellari non incontra né Turetta né altri detenuti. «Non siamo venuti qui – spiegherà poi il rappresentante del ministero della Giustizia – per fare polemiche.

Qui abbiamo persone che si sono tolte la vita. Parlare di PlayStation significa fare un torto a loro e alla nostra intelligenza. Mi limito quindi a ribadire che in questo carcere, come negli altri, non si applicano trattamenti di favore nei confronti di nessuno. Le decisioni su quelle che possono essere le attività trattamentali e ricreative, adeguate a ciascun utente, vengono prese da personale qualificato». Capitolo chiuso: non arriveranno nuovi apparecchi dopo quello donato da don Carlo Vinco, garante dei detenuti di Verona, per offrire un’attività a persone altrimenti impossibilitate a svolgerne finché sono ristrette sotto sorveglianza sanitaria.


DUE A DUE
In questo piano della palazzina sono in tutto venti, suddivise due a due in dieci celle. Il criterio organizzativo è quello, nel limite del possibile, di distribuire i reclusi in infermeria per disturbi fisici e per problemi psichici in maniera tale che l’uno possa aiutare l’altro. Turetta è con un sessantenne, un uomo che per età potrebbe essere tranquillamente suo padre, capace di tenerlo sott’occhio adesso che la detenzione tocca i cinquanta giorni ed è ora di elaborare la situazione. Anticipando il piccolo corteo delle autorità, gli agenti della polizia penitenziaria passano davanti alle inferriate per avvisare i carcerati: «Ci sono degli ospiti, va tutto bene?». Qualcuno sceglie di nascondersi alla vista, qualcun altro si sbraccia per consegnare una lettera.

Filippo non risponde alla domanda: resta in piedi, con un’espressione disorientata, non si muove e non parla

Secondo quanto trapela, l’ultimo suo colloquio con mamma Elisabetta e papà Nicola risale allo scorso 3 dicembre. Il primo e l’unico, finora: pur avendo il diritto di andare a trovarlo una volta alla settimana, probabilmente i genitori e lo stesso loro primogenito hanno ancora bisogno di tempo. Concentrati sulla linea difensiva, gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera preferiscono non rilasciare dichiarazioni, rinviando a quanto già affermato dai vertici di Montorio Veronese sul fatto che il 22enne non gode di alcun privilegio, mentre attende di essere trasferito nella terza sezione. «Come tutti gli altri – ripete la direttrice Francesca Gioieni – anche questo detenuto resterà in infermeria finché ciò sarà ritenuto necessario dall’équipe multidisciplinare a cui compete la valutazione». A due mesi dal femminicidio di Giulia, quel momento non è ancora giunto.

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Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 08:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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